ESCLUSIVA

ESCLUSIVA – Tommaso Turci (DAZN): l’intervista integrale

Tommaso Turci foto Instagram
L'intervista completa del giornalista Tommaso Turci in esclusiva ai nostri microfoni
Gaetano de Santis
Gaetano de Santis Redattore 

Tommaso Turci: Da bambino giocavo a fare la telecronaca delle partite all’oratorio. Poi un giorno mi chiesero di commentare Mantova-Giana Erminio allo stadio Martelli: studiai talmente tanto che ancora oggi mi ricordo le formazioni ufficiali. Ho iniziato a scrivere a Modena nel quotidiano della mia città, da lì un lungo percorso che mi ha portato ad essere telecronista, conduttore e inviato a Fox Sports per il calcio internazionale. Nel 2018 è arrivato DAZN che mi ha fatto esordire in Serie A e mi ha regalato un viaggio a Miami per raccontare il Super Bowl. A volte mi trovate a bordocampo, altre in cuffia, sempre col solito entusiasmo.

Questa è la biografia di Tommaso Turci sul sito di SportBusinessAcademy. Una descrizione che dimostra come la sua passione sia diventata il suo lavoro.

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Di seguito l'intervista integrale in ESCLUSIVA ai nostri microfoni, dove vengono affrontate tutte le tematiche attuali relativamente al Milan e non solo.

Il mondo Milan per Tommaso Turci

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Com'è stato vivere da bordocampo la rimonta del Milan a Lecce?

"La sensazione che questa squadra ci ha lasciato è veramente la leggerezza degli ultimi 30 minuti. Questa è una squadra che quando è spalle al muro, quando non ha niente da perdere, riesce a tirare fuori qualcosa in più. Quella cattiveria, quella voglia e anche quella tecnica che permettono molte volte di riuscire a ribaltare la partita. Questa caratteristica è dovuta anche una profondità di rosa, con degli innesti di alto livello - penso ad esempio agli ingressi di Leao e Joao Felix, nello specifico - che permettono molte volte di riuscire a cambiare il corso di una partita. Sarebbe bello vedere, anche per la qualità di questa squadra, per quelle che sono le potenzialità, un Milan che fa vedere dal 1° al 90° minuto quello che ha fatto intravedere negli ultimi 30 minuti. Un Milan molto attento con e senza la palla. Sicuramente una cosa su cui bisogna crescere è il lavoro nelle transizioni negative. Quando si perde il pallone, il Milan fa fatica a stare sugli appoggi, infatti fa ripartire gli avversari in maniera abbastanza semplice. I due goal del Lecce nascono da due ripartenze. Pertanto credo che nonostante alla fine sia riuscita a portarla a casa, sia riuscita a ribaltare la gara e a rimontarla, ci siano tante cose ancora da migliorare. Di questo anche Conceição ne è perfettamente consapevole."

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Nella partita di Lecce si è percepita la mano di Sérgio Conceição dopo una settimana di lavoro? Un aspetto sottolineato più volte dall'allenatore, ossia il non potere durante la settimana per i molteplici impegni ravvicinati fino ad ora.

"Qualche principio sicuramente si è visto. Chiaro che parliamo di un allenatore che è arrivato poco più di due mesi fa. Ha cambiato tanto, inoltre sono arrivati nel mercato invernale diversi calciatori, che adesso si stanno inserendo all’interno del contesto squadra. Certamente avere una settimana piena, permette di poter lavorare e di poter mettere in atto - con delle sedute di allenamento complete - quelle che sono le proprie idee. Qualcosa si è visto, ma soprattutto per il modo di fare calcio di questo allenatore, il lavoro è ancora tanto. Anche per poter attuare definitivamente quello che vuole. Penso ad esempio alla pressione di un Milan senza palla, corto e veloce sugli appoggi, una cosa che magari non sempre vediamo per tutto il corso della partita. Di certo qualcosa abbiamo visto in quel di Lecce."

Da cosa deve ripartite il Milan il prossimo anno? Da Sérgio Conceição o da un nuovo allenatore?

"È ancora presto per dirlo. Sicuramente in tanti, compreso l’allenatore, si giocano moltissimo in queste ultime partite di campionato più la fase finale della Coppa Italia. Non dimentichiamoci che la Coppa nazionale resta un obiettivo molto importante. Evidentemente sfumato il 4° posto, qualche ragionamento sul cambio tecnico la prossima stagione sarà fatto. Solamente i risultati e le prestazioni possono far cambiare idea, non solo alla società, ma anche un po’ tutto l’ambiente, al pubblico rossonero su quello che sarà anche il futuro di quest’allenatore e di qualche protagonista, che giocoforza deve dimostrare di poter giocare nel Milan del futuro. Quindi dal mio punto di vista non solo l’allenatore si gioca il futuro in questa parte finale di stagione, ma anche diversi giocatori."

Dal punto di vista strutturale la rosa si può considerare completa oppure manca qualche elemento?

"Credo che un centrocampista che sappia fare bene le due fasi, un centrocampista pesante in questa stagione sia un po’ mancato. Però è un più un discorso di leadership, di giocatori trascinanti dal punto di vista emotivo. Io ho avuto l’impressione quest’anno che siano mancati non tanto i giocatori che ti trascinino dal punto di vista tecnico - perché ad esempio Pulisic potrebbe essere uno di questi - quanto i giocatori con carattere, che si arrabbiano quando le cose vanno male. Quei sani rompiscatole che in uno spogliatoio ci devono essere. Un po’ di anima di questo Milan, un po’ di milanismo è mancato."

In merito al tema più in voga nelle ultime settimane, un pensiero sul scenario relativo al DS: quale profilo risulta più adatto per il Milan?

"Sicuramente dovrà arrivare una persona che dovrà essere responsabilizzata e legittimata a lavorare, a poter prendere delle decisioni. Quindi dovrà arrivare una persona che sia il fattore di unione tra la società, lo staff e la squadra. Dunque qualcuno che vada ad amalgamare ulteriormente il gruppo. Un punto di riferimento per tutti. Che si prenda anche delle responsabilità, ma che sia legittimato a lavorare. Credo che serva una persona che abbia un rapporto forte con i giocatori, un contatto diretto all’interno dello spogliatoio. Qualcuno che riesca, quando necessario, a prendere le difese dell’allenatore, a parlare con la squadra e ad ascoltare il gruppo. Credo che questo sia il profilo ideale. Poi certo deve essere anche uno che abbia le capacità per costruire una squadra estremamente competitiva, con il fine di tornare ad essere il grande Milan."

Dal punto di vista comunicativo ha notato una crescita di Ibrahimović negli ultimi mesi?

"Certamente Ibrahimovic sta lavorando per diventare dirigente, perché non è che dirigente lo si diventa in un attimo. Ci vuole del tempo e del lavoro, ovverosia ci vuole un percorso. Bisogna molte volte essere affiancati e cercare anche di imparare dalle persone intorno. Quindi è perfettamente consapevole che quello che è stato da calciatore, non conta nella sua carriera da dirigente. Si, certo, ci sono varie qualità che sicuramente tornano nell’Ibrahimovic dirigente, pensiamo anche solo alla sua capacità di essere coinvolgente e nel suo modo di leader. Poi ci sono tante cose che vanno migliorare e nelle quali deve crescere. Certo anche per lui, come per tutti, è un percorso di crescita. Poi è chiaro che anche lui è valutato in base ai risultati che porta. Pertanto, quello che ci dimostrerà e ci farà vedere in questa parte finale di stagione e nella stagione che verrà, credo che sarà determinante per una valutazione. Fino a questo momento le spaccature che ci sono all’interno della società, tutte queste divergenze - con diverse figure, che hanno tutte quante responsabilità, ma allo stesso tempo si tolgono responsabilità a vicenda - non aiutano nella crescita di questo Milan. Bisogna avere un’identità più precisa."

Qual'è stata la partita del Milan più emozionante vissuta da bordocampo?

"Ne ho vissute tantissime del Milan molto emozionanti. Forse la più emozionante è stata la partita di Roma contro la Lazio nell’anno dello Scudetto, ma anche quella del Bentegodi contro il Verona sempre nella stessa stagione. Furono due partite che di fatto sancirono un po’ quello che fu il percorso del Milan che lo portò allo Scudetto. Io credo che quel Milan per spirito e per senso di appartenenza, era un Milan che emozionava molto. Questo Milan attuale, dove ci sono talaltro anche diversi protagonisti di quella squadra che vinse il campionato, qualcosa dovrebbe ereditare da quello spirito di squadra. Proprio come coinvolgimento e senso di appartenenza."

Tommaso Turci foto Instagram

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A livello professionale, chi sono i modelli che ammiravi quando hai iniziato questo percorso?

"Io sono sempre stato uno che è cresciuto con tanti modelli in base al mestiere. Dunque direi che ho avuto la fortuna di lavorare con delle persone che già erano i miei modelli, come Stefano Borghi e Massimo Callegari. Tuttavia sono cresciuto con i grandi telecronisti degli anni novanti e primi anni duemila, che sono sempre stati un riferimento. Se dovessi rispondere con un unico modello farei fatica a dirne uno solo. Cerco di rubare un po’ da tutti, cerco di prendere quello che m piace da ogni telecronista, da ogni inviato, cercando di capire quali sono i suoi punti di forza per portarli dalla mia parte."

Visto che nel suo percorso è arrivato anche ad essere un docente, com’è trovarsi dall’altra parte della barricata?

"Sinceramente a me piace molto trasmettere quello che è questo mestiere a chi ha il piacere e a chi sogna di fare questo mestiere. Il mio obiettivo è far capire quanto è importante essere sempre testimoni di quello che si vede nella maniera più autentica e più trasparente possibile. Molte volte con chi studia questo mestiere ed ha il sogno di diventare giornalista trovo anche il modo per confrontarmi e conseguentemente arricchirmi. Mi sento ancora un ragazzo che deve migliorare, deve crescere, non ho la presunzione di insegnare niente, ma piuttosto la determinazione di trasmettere le mie impressioni su come cambia e su come si evolve il mestiere del giornalista."

Mi è arrivata voce che lei sia stato e sia ancora attualmente un ottimo calciatore, conferma questa indiscrezione?

"(Risata) Si, lo confermo. Gioco ancora a calcio."

Per chiudere: tra venti anni dove si vede in ambito lavorativo??

"Io spero di avere sempre questa fame, questa voglia di migliorare e di crescere come giornalista. Per me non c’è niente di più bello di raccontare sport ed in particolare raccontare calcio, vivendo le emozioni che ti trasmette questo mestiere. Sono certo che avrò sempre questa passione smisurata nel racconto. Io spero che tra 20 anni avrò ancora questa fame e questa voglia di migliorarmi, perché sono il motore ed il sale di questo mestiere. Non mi vedo seduto, non mi vedo ad osservare con le mani in mano tutto quello che succede. Spero di migliorare ulteriormente nel mio mestiere e continuare a crescere nel mio percorso. Quindi dove mi vedo? Ancora a raccontare sport, magari in altre vesti. Quello è l’obiettivo."