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A meno di due giorni dalla finale di Coppa Italia, le dichiarazioni di Boban hanno scatenato un'ondata mediatica sul Milan tutt'altro che opportuna e auspicabile. Senza tanti giri di parole e senza edulcorare la realtà: la priorità dovrebbe essere il Milan, sempre e comunque. Al di là degli attriti del passato, che ciclicamente tornano a galla, ciò che conta oggi è il presente del Club.
Un passato che riaffiora, ogni volta, da una sola campana. Sempre la stessa, senza che la controparte si prenda la briga di replicare o quantomeno offrire una visione alternativa. E ora che quel passato è ormai lontano, continuare a scavare tra vecchie vicende può solo alimentare le acque agitate di una stagione già turbolenta.
Ed è proprio qui che si tocca un punto cruciale: il timing. Dichiarare amore incondizionato verso il Milan e, allo stesso tempo, non curarsi delle conseguenze mediatiche di certe affermazioni suona quantomeno contraddittorio. Quando a parlare è un personaggio di questa caratura, ogni parola, ogni pausa, ogni virgola ha un peso specifico. E chi la pronuncia lo sa benissimo.
Sorge quindi una domanda inevitabile: non esisteva forse un momento più opportuno per rilasciare un’intervista così delicata? Le parole contano, soprattutto se a pronunciarle è una leggenda del Club, nota anche per una lucidità e intelligenza fuori dal comune. Pensare che non abbia calcolato ogni possibile effetto delle sue dichiarazioni appare, francamente, poco credibile.
Nel calcio moderno, la comunicazione è diventata parte integrante della strategia sportiva e societaria. Di conseguenza ogni dichiarazione pubblica, soprattutto quando arriva da figure carismatiche e storicamente legate al Club, ha un impatto che va ben oltre le emozioni personali. Genera dibattito, orienta l’opinione pubblica, influenza lo spogliatoio e può perfino alterare gli equilibri interni. In un momento in cui il Milan è chiamato a compattarsi, in campo e fuori, certe uscite rischiano di essere benzina sul fuoco più che stimoli costruttivi.
E allora, la domanda finale è inevitabile: Zvone, perché proprio ora?
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