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Gli anni Sessanta costituiscono la prima età dell'oro, parafrasando Esiodo, del mondo Milan. Si dimezzeranno rispetto agli anni Cinquanta gli scudetti, certo, solo 2 (1961/62 e 1967/68), ma in cambio arrivano 2 Coppe dei Campioni nelle stagioni 1962/63 e 1968/69, quindi 1 Coppa Intercontinentale (1969) e una Coppa delle Coppe (1967/68).
Niente male per una squadra che si ritrova a coltivare una vera e propria vocazione mondiale, a differenza della Juventus, mentre l'Inter saprà stare al passo e alzerà al cielo 2 Coppe dei Campioni nel 1964 e 1965. Le vittorie rossonere non arrivano per caso. Alle spalle di una squadra fortissima, e che negli anni sa rimescolare il proprio mazzo con intelligenza, ci sono un presidente e una dirigenza che lavorano senza sosta per rimpolpare la bacheca. In aggiunta in panchina si siede un signore, Nereo Rocco, il primo tecnico a entrare nella leggenda del Diavolo. Rocco è un istrione in tutti i sensi: sotto la sua guida il Milan sperimenta il cosiddetto "catenaccio". Così almeno lo ricorda la storia, ma in realtà i numeri parlano di una squadra capace di segnare gragnuole di reti. Altro che ostruzionismo. Per molti calciatori, il mister è un padre dall'apparenza burbera che si prende amorevolmente cura dei suoi figli calciatori.
Il calcio è oramai lo sport principe in un'Italia che sta cambiando a ritmi sostenuti. Sono gli anni delle Coppe Intercontinentali: in entrambi i confronti con il calcio latino, nemesi per eccellenza di quello europeo, il Milan si ritroverà ad affrontare situazioni drammatiche miste al grottesco.
Nel 1963 perde il trofeo con il Santos di Pelé, aiutato dall'arbitro argentino Brozzi; nel 1969 si rifà vincendo ma a carissimo prezzo. La gara di ritorno si gioca ancora una volta fuori casa (come sei anni prima) con gli argentini del River Plate. Un modo per conoscere il lato violento del calcio, sia da parte della tifoseria biancorossa che degli stessi giocatori milionarios: dalle tazzine di caffè bollente agli sputi, dagli spilloni ai rudi interventi di gioco. A farne le spese è, tra i tanti, Nestor Combin che torna a Milano con le sembianze di un pugile suonato. La sua foto farà il giro del mondo. Combin sarà pure arrestato e umiliato dalla dittatura argentina per presunta renitenza alla leva. Sono tutte menzogne.
In Coppa dei Campioni il Milan vince con il Benfica di Eusébio, bicampione d'Europa, nel 1963 e con l'Ajax nel 1969: è il periodo in cui si consacrano calciatori del livello di José Altafini, Cesare Maldini, Giovanni Trapattoni, Angelo Benedicto Sormani, Karl-Heinz Schnellinger, Giogio Ghezzi, Gigi Radice, Kurt Hamrin, Amarildo, Sani, Fabio Cudicini, Angelo Anquilletti, Roberto Rosato, Saul Malatrasi, Pierino Prati e Gianni Rivera, che dal 1960 cominciò a deliziare i palati più fini ed esigenti d'Italia e d'Europa.
Cambia anche il modello di società che governa la squadra, con la costruzione di Milanello: il primo centro sportivo per i calciatori in Italia. Andrea Rizzoli, patron dell'iniziativa, lascia il timone a Emilio Riva che scombussola un po' tutte le gerarchie interne, per poi diventare il primo presidente indagato, anche se per reati che nulla hanno a che fare con il Milan.
Al suo posto arriva Luigi Carraro, profondamente innamorato dei colori rossoneri, ma che scompare prematuramente per un infarto nel 1966. Il suo testimone viene raccolto dal figlio Franco.
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