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Quando Christian Pulisic si è seduto nei giorni scorsi con Kate Scott, conduttrice del programma Kickin' It della CBS Sports, nessuno immaginava che una conversazione informale potesse generare un nuovo putiferio negli Usa. E invece il capitano della nazionale americana – oggi colonna del Milan di Massimiliano Allegri – è finito nuovamente al centro di una polemica che coinvolge tre icone del calcio USA: Landon Donovan, Clint Dempsey e Tim Howard.
Questa volta non si parla di gol o trofei, ma di nomi: i cinque nomi scelti da Pulisic per la sua squadra ideale di calcetto a cinque della Nazionale statunitense. Una scelta fatta “sul momento”, come lui stesso ha precisato, ma che ha immediatamente riacceso i riflettori sul rapporto non sempre semplice tra l’attuale generazione e quella precedente.
Per comprendere l’impatto dell’intervista, bisogna tornare agli eventi della scorsa estate. Reduce da un’annata massacrante in Europa, Pulisic aveva scelto di saltare la Gold Cup 2025, spiegando di avere bisogno di recuperare energie in vista del percorso verso il Mondiale 2026.
La decisione aveva provocato reazioni immediate. Landon Donovan lo aveva criticato duramente, parlando di “mancanza di priorità” dei giocatori moderni: “Se non vuoi assumerti questa responsabilità come calciatore professionista... allora non entrare in campo”.
Pur senza citarlo, il riferimento a Pulisic era chiaro. A ruota erano arrivati anche Tim Howard e Clint Dempsey, tutti concordi nel ribadire l’importanza del senso di responsabilità verso la nazionale. Pulisic aveva replicato senza esitazioni nel podcast Call It What You Want: “Mettere in discussione il mio impegno... è davvero fuori luogo”.
Ancor più incisivo era stato suo padre, Mark Pulisic, che aveva accusato Donovan di ipocrisia per il suo sabbatico del 2013. Un post che Christian aveva “apprezzato” sui social, segnando di fatto una linea netta nel confronto. Con il passare dei mesi, tutto sembrava rientrato. Fino alla scorsa settimana.
Durante l’intervista a CBS Sports, Pulisic è stato invitato a selezionare la sua “squadra dei sogni per un cinque contro cinque della Nazionale americana”. E le sue parole hanno immediatamente alimentato discussioni.
Ha iniziato così: “Su due piedi, scegliamo il nostro Brad Guzan. Diamo un saluto a lui che si è recentemente ritirato. È il mio uomo. Ha avuto una carriera straordinaria. Quindi lo metteremo in porta”.
Poi ha completato la lista: “Mi limiterò a citare i giocatori più recenti, perché sono i miei preferiti. Weston [McKennie], Tyler [Adams], io, Brad [Guzan] e poi aggiungerei un difensore importante come [Oguchi] Onyewu”.
Il punto chiave? Dempsey, Howard e Donovan non figurano nella selezione.
Kate Scott ha subito fatto notare al numero 11 del Milan che le grandi icone del passato erano state escluse. La sua risposta è stata distensiva, almeno in apparenza: “Ho dovuto farlo sul momento. Ci sono molti nomi validi là fuori. Questi sono stati solo i primi che mi sono venuti in mente”. Eppure, per molti osservatori, come riporta worldsoccertalk.com, l’omissione non è casuale. Dopo mesi di frizioni pubbliche, la scelta sembra più che una semplice dimenticanza.
Il dibattito negli USA si è riacceso rapidamente: è stata una scelta spontanea o un messaggio implicito alla vecchia guardia? La percezione diffusa è che la tensione tra le due epoche del calcio americano, pur attenuata, non sia mai scomparsa del tutto.
Pulisic continua a essere il volto del presente e del futuro degli Stati Uniti, mentre Donovan, Dempsey e Howard rappresentano una memoria gloriosa ma sempre più distante. L’intervista alla CBS ha soltanto riaperto una frattura mai forse del tutto risolta.
Tra sorrisi, dichiarazioni apparentemente innocue e pesi simbolici, Christian Pulisic è riuscito ancora una volta – suo malgrado – a diventare il punto centrale di un dibattito nazionale. In campo continua a brillare con il Milan; fuori, ogni sua parola sembra destinata a lasciare un’eco ben più grande del previsto in patria.
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