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Nel panorama calcistico europeo, ogni dichiarazione di un dirigente d'esperienza come Igli Tare ha un peso specifico.
Le sue recenti parole riportate ieri da Tuttosport, per mano del collega Federico Masini, aprono uno spunto di riflessione importante: "Non mi piace chi vede il Milan come una squadra dove ci sono saldi".
Un’affermazione chiara, che riflette sia rispetto per una delle società più blasonate d’Europa, sia una critica implicita a una certa narrativa di mercato che circonda il club rossonero.
Il concetto espresso da Tare è semplice ma significativo: ridurre il Milan a un supermercato del calciomercato rischia di svilire la storia, il valore sportivo e l’identità di un club che ha vinto tutto, in Italia e in Europa. Non è solo una questione di rispetto: è un richiamo alla professionalità e alla corretta percezione di una società che sta vivendo una fase di ristrutturazione, sì, ma non di svendita.
Negli ultimi anni, il Milan ha scelto una linea manageriale orientata alla sostenibilità economica e alla crescita dei giovani talenti. Questa visione, seppur più prudente rispetto al passato, non giustifica l’etichetta di "squadra dei saldi". Al contrario: giocatori come Leao, Pulisic e Maignan sono simboli di un progetto ambizioso, e il loro eventuale prezzo di mercato riflette il valore creato in casa milanista, non svendite di fine stagione.
Tare, con il suo intervento, non solo difende l’immagine del Diavolo, ma solleva una questione più ampia: il modo in cui si raccontano certi club e le dinamiche del calciomercato. Il rispetto passa anche dalla narrazione, e le parole contano. In un’epoca dove tutto viene valutato in funzione del valore di mercato, ricordare il peso storico e sportivo di una maglia come quella del Milan è più che doveroso: è un atto di giustizia calcistica.
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