Conceicao ha vissuto sei mesi intensi al Milan: alti, bassi e sincerità rara. Uomo vero in un calcio artificiale.
Ora che anche l’ufficialità ha messo il sigillo sulla fine dell’avventura, possiamo guardare con lucidità - e un pizzico di malinconia - agli intensi sei mesi vissuti da Sergio Conceicao sulla panchina del Milan. Paradossalmente, il comunicato di addio arriva esattamente cinque mesi dopo quello d’ingaggio, quando il tecnico portoghese fu chiamato a sostituire Paulo Fonseca.
In soli cinque mesi è successo di tutto. Non sembrano essere trascorsi appena 150 giorni, ma almeno due stagioni, viste le continue anomalie e i colpi di scena che hanno accompagnato il cammino di Conceicao in rossonero.
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Il debutto è da batticuore: semifinale di Supercoppa contro la Juventus, Milan sotto di un gol ma capace di ribaltare il risultato con il cuore. Poi la finale contro l’Inter, che sembrava compromessa con uno 0-2 pesante, trasformata in una rimonta epica che ha acceso entusiasmi e speranze.
Ma da lì in poi, la parabola emotiva è tornata a oscillare, con la stessa irregolarità vista negli ultimi mesi di Pioli e poi con Fonseca. Dopo il trionfo in Supercoppa, il Milan affronta il Cagliari pareggiando 1-1, al termine di una gara dominata ma segnata da un errore clamoroso di Maignan. Arriva una vittoria a Como, subito seguita da una sconfitta netta a Torino contro la Juventus. Poi ancora adrenalina a San Siro con il Parma: sotto 1-2 all’89°, il Milan ribalta tutto nei minuti di recupero.
Il punto di rottura, però, è la trasferta di Zagabria. Una sconfitta pesante, condizionata da un errore difensivo di Gabbia e l’espulsione assurda di Musah. Da lì, il derby di ritorno in campionato, che alla vigilia sembrava una chimera, ma finisce in pareggio. Seguono l’insidiosa trasferta a Empoli e, soprattutto, il doppio confronto con il Feyenoord: l’andata segnata da un altro errore di Maignan, il ritorno rovinato da una nuova espulsione quando il Milan sembrava in controllo. È lì che la stagione 2024/25 si spezza definitivamente.
Le tre sconfitte consecutive contro Torino, Bologna e Lazio completano la fase discendente di un’annata sfuggita di mano.
La Coppa Italia, invece, ha rappresentato l’unica parentesi felice, almeno fino alla finale. La splendida vittoria contro la Roma e il doppio successo sull’Inter - culminato nel 3-0 di San Siro - avevano acceso una speranza. Ma la finale, come spesso accade in questa stagione, si è trasformata in un altro capitolo amaro, difficile anche solo da rileggere. Sergio Conceicao saluta così il Milan, lasciando dietro di sé un’esperienza breve ma densissima, fatta di emozioni forti, svolte improvvise e rimpianti.
Terminato il discorso sportivo, è giusto soffermarsi sull’uomo Sergio Conceicao. In un mondo spesso dominato da formalismi e frasi fatte, la sua schiettezza, sincerità e genuinità hanno rappresentato un valore raro. Sempre corretto, mai sopra le righe, Sergio ha saputo farsi rispettare dentro e fuori dal campo. Al di là dei risultati, resta l’orgoglio di averlo avuto sulla nostra panchina. Un uomo vero, prima ancora che un allenatore.
Più del tecnico, ci mancherà l’uomo: vero, diretto, raro. E per questo, indimenticabile. Buona fortuna Sergio.