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I troppi pregiudizi su Max Allegri: è un pragmatico, non un difensivista

Allegri
Il dibattito su Allegri è troppo inquinato dalle etichette e dai preconcetti. Il tecnico del Milan non è un difensivista, bensì un pragmatico
mbambara
mbambara Vice direttore 

La prestazione di Udine ha aperto il dibattito. Massimiliano Allegri si è davvero evoluto, come ha sostenuto Lele Adani? Il tema è interessante, ma vorrei affrontarlo fuori dalle etichette che, troppo spesso, vengono appiccicate addosso agli allenatori, non soltanto a quello del Milan.

Friedrich Nietzsche sosteneva che le convinzioni, più delle bugie, fossero pericolose nemiche della verità. Aveva perfettamente ragione. I preconcetti infatti non consentono una discussione lucida e l’analisi che ne consegue rimane quasi sempre inquinata da una serie di bias cognitivi. Le etichette non sono altro che una conseguenza di un approccio alle cose figlio delle convinzioni e non delle valutazioni oggettive.

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Troppi preconcetti su Allegri

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Sull’allenatore Massimiliano Allegri, in questi anni, sono abbondati i preconcetti ed è mancata una seria e razionale analisi della realtà. In questi ultimi 10 anni, Allegri ha spesso battibeccato sul modo di intendere il calcio con eminenti opinionisti come Arrigo Sacchi e Lele Adani. Le visioni erano diverse, ma l’etichetta che Allegri si è preso è stata esagerata, enfatizzata, brutalizzata. La battuta sul corto muso è diventata una spada di Damocle per lui.

Nel comune sentire calcistico Allegri è un allenatore difensivista, che propone un gioco sparagnino e che, in certi casi, è totalmente disinteressato alla qualità del gioco di una squadra. Per lui – secondo la vulgata narrativa principale – conterebbe soltanto il risultato, a prescindere dal modo in cui lo stesso arriva.

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A mio modo di vedere Massimiliano Allegri non è mai stato un difensivista o un allenatore disinteressato al gioco. Mi è capitato di pensare il contrario quando Allegri ha allenato il Milan nel quadriennio 2010-2014, ma ho poi dovuto prendere atto che la mia prima sensazione non era corretta. Più giusto, invece, definire l’allenatore rossonero un pragmatico. Allegri sa proporre strutture di squadra diverse, a seconda delle caratteristiche dei giocatori a disposizione.

Gli esempi degli ultimi 15 anni

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Lo ha dimostrato al Milan, vincendo il derby scudetto senza Ibra nel 2011 e creando una squadra competitiva nell’estate 2012 dopo un autentico terremoto tecnico. Lo ha dimostrato poi anche alla Juventus nell’estate 2015 quando, dopo una partenza negativa, seppe trovare la quadra modificando sostanzialmente il modo di giocare di quella squadra.

La Juventus di Allegri, stagione 2016-2017, giocava un calcio di livello, con quattro giocatori offensivi davanti, più Khedira e Pjanic in mediana. L’ultima Juventus di Allegri che ha vinto la Coppa Italia nel 2024 ed è arrivata terza in Serie A, era una squadra con una cifra tecnica non eccelsa che Allegri sfruttava al massimo con un calcio non di proposta (non se lo poteva permettere) ma più di attesa.

Allegri è un allenatore pragmatico, non un difensivista

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L’allenatore livornese insomma è il massimo esempio del pragmatismo applicato al calcio. In base agli ingredienti che ha riesce sempre a cucinare la zuppa giusta. A volte è buona, altre volte invece è eccezionale. Allegri però non fa la spesa. Si limita a cuocere tutto con ciò che la dispensa gli offre.

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Fuor di metafora, Massimiliano Allegri, negli ultimi 15 anni, è riuscito ad ottenere risultati proponendo squadre e modelli di calcio assolutamente diversi. I grandi allenatori d’altronde, come insegna Carlo Ancelotti, questo devono fare.

Le filosofie calcistiche sono belle, magari bellissime. Tuttavia rimangono lettera morta senza i giocatori adatti a realizzarli. Allegri non ha tempo per proporre una filosofia di gioco. Il suo mestiere è quello di mettere i giocatori nelle condizioni migliori per sfruttare le loro caratteristiche. E questo lavoro, Max Allegri, sa farlo in modo eccellente.

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