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Il Milan è stata terra di conquista per tanti Colombo. Tra dirigenti e calciatori ne sono passati undici con questo cognome sulla carta d'identità. Alcuni hanno lasciato un ricordo positivo, altri meno. Alla fine degli anni Settanta, per esempio, Felice Colombo è il patron che porta il Milan a vincere lo scudetto della stella nel 1979, ma è poi lo stesso che fa retrocedere i rossoneri in B, meno di dodici mesi dopo, facendosi coinvolgere nello scandalo totonero.
AC Milan substitute goalkeeper Andrea Pazzagli celebrates with teammates following their European Cup triumph. (Photo by Peter Robinson - PA Images via Getty Images)
Sul finire del decennio successivo entra nel Milan il penultimo della stirpe dei Colombo, di nome Angelo, centrocampista di origine brianzola tutto cuore, corsa e piedi buoni. Il motore del Milan stellare allenato da Arrigo Sacchi è proprio questo stacanovista della linea mediana. Il giocatore ha il pregio non solo di "mordere" alle caviglie gli avversari, ma anche di andare a rete in tutte le maniere: di testa, dalla distanza, d'esterno o di collo pieno o addirittura a giro. Spesso mette la sua griffe ad assist d'autore provenienti da piedi educati come quelli di Ruud Gullit, Frank Rijkaard e Marco van Basten.
Pensando alla magnificenza di quegli anni, alle imprese dei tre olandesi e alle chiusure di Baresi, Maldini e Tassotti, spesso ci si dimentica del mediano Angelo Colombo, che funge da zip tra il pacchetto arretrato e quello offensivo. Una cerniera sempre ben oliata e capace di assicurare la giusta protezione dalle gelide folate degli avversari.
Nel Milan Angelo Colombo gioca tre anni, dal 1987 al 1990, vincendo tantissimo in rapporto al numero delle stagioni, soprattutto in campo internazionale: uno scudetto (1987/88), 2 Coppe dei Campioni (1988/89, 1989/90), 2 Coppe Intercontinentali (1989, 1990), 2 Supercoppe Europee (1989, 1990), una Supercoppa di Lega (1989).
La sua è una storia singolare. Il centrocampista biondo - l'ultimo "cherubino" rossonero è Ruben Buriani, che calpesta le stesse zolle 8 stagioni prima - cresce nel Monza (in cui opera per un certo periodo anche Adriano Galliani), che spesso presta i suoi migliori prodotti al Milan. Due buoni motivi per guadagnarsi i soprannomi di "Angelo biondo" e di "Littorina della Brianza", in virtù dei suoi trascorsi nella provincia lombarda, anche se il Milan lo preleva dall'Udinese, dove sino a qualche anno prima lavora anche Ariedo Braida. Quando si parla di Milan gli intrecci non sono mai banali.
Con le 7 marcature sul totale di 115 partite, va in gol in media una volta ogni 11 partite. Il suo apporto è fondamentale per l'economia del gioco del profeta di Fusignano, che chiede un pressing alto e asfissiante per arginare la manovra avversaria. Inizialmente Colombo soffre un po' la nuova filosofia, ma alla fine si adatta alla grande: il Milan è un'orchestra polifonica accordata a dovere, ma per ogni assolo deve esserci chi sostiene il ritmo anche per gli altri elementi. Proprio ciò che fa Angelo Colombo: un lavoro nella penombra, che viene a più riprese riconosciuto dai compagni, Gullit su tutti. Sia nella finale di Barcellona, il 24 maggio 1989, con i rumeni dello Steaua di Bucarest, che con i portoghesi del Benfica a Vienna il 23 maggio 1990, è in campo per tutti i novanta minuti. Il trofeo conquistato nella bella terra austriaca è l'ultimo che gli passa tra le mani.
L'addio in rossonero si consuma al termine della gara persa 2-1 con il Verona, subentrando a "Chicco" Evani a ventitré minuti dal termine. Una partita infausta, la Fatal Verona parte due, arbitrata in maniera indecente dall'arbitro Rosario Lo Bello, figlio del famigerato Concetto Lo Bello anch'egli fischietto nella massima serie, e dall'epilogo amaro: Alemao si fa trasportare al pronto soccorso di Bergamo dopo essere stato colpito da una monetina da cento lire e lo scudetto s'invola direzione Napoli.
L'anno successivo, Colombo ha quasi trent'anni e va a Bari, in uno scambio che coinvolge Angelo Carbone. Al San Nicola gioca due anni, quindi viene ingaggiato dagli australiani del Marconi Stallions Football Club, con i quali gioca un'ottima stagione mettendo a referto 2 reti in 17 partite. Tornato in Italia, il Milan lo riprende per dirigere il settore giovanile. L'esperienza termina nel 2009, quando passa al Montebelluna e poi al Carpenedolo.
Insomma, dalla provincia al tetto del mondo e ritorno.
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