QUANTA STORIA...

Mauro Tassotti: il Milan di Arrigo dopo la Lazio di Lovati

Tassotti Milan Lazio
Tassotti a La Stampa: i primi passi nel San Basilio, la squadretta del quartiere. "Era gemellata con la Lazio che organizzò un'amichevole: ci presero in due". Predestinato..."Insomma..."

Mauro Tassotti, come conferma La Stampa che ha realizzato una intervista esclusiva al Tasso, debuttò in Serie A a diciotto anni alla Lazio: "Lovati, l'allenatore, decise di dare più equilibrio alla squadra, sfilando D'Amico, un fantasista, e inserendo un difensore. Scelse me che mi ero allenato pochissimo con i grandi e una sola volta mi ero seduto in panchina: quando me lo disse, sentii le gambe tremare". Andò benissimo... "Giocavamo ad Ascoli e mi affidò il controllo di Trevisanello: ero preoccupato perché la settimana prima aveva fatto tre gol, quella domenica rimase a digiuno".

A vent'anni il Milan

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Tassotti in pratica era un "risarcimento" per la cessione sfumata di Giordano: la società rossonera aveva versato un anticipo ma lo scandalo scommesse fece saltare tutto e compensarono con il suo cartellino. "All'epoca non conoscevo il retroscena. Mi dissero del Milan e non ebbi esitazioni: era in B, ma rimaneva un grande club, sapevo che sarebbe stata una parentesi". Con Berlusconi e Sacchi, la svolta storica... "Non fu semplice, all'inizio, credere alle loro parole. Come potevamo? Risaliti dalla B, dove eravamo caduti di nuovo, faticavamo ad andare in Uefa e il presidente parlava invece di un progetto per diventare i più forti non d'Italia, ma del mondo. C'era un'Italia prima di Arrigo e una dopo di lui. Introdusse nuove metodologie di allenamento, la parte tecnica diventò dura quanto quella atletica, il ritmo e la velocità si moltiplicarono: quando tornavamo a casa, nel tardo pomeriggio, crollavamo aspettando cena".

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Tassotti era partito con la fama di difensore ruvido: fallo su Oriali, 36 punti di sutura... "Ricordo pochissimo dell'impatto, il piede che cerca il pallone e lui che entra di testa, tutto, invece, dei giorni successivi: sentirmi descrivere cattivo mi faceva male soprattutto pensando ai miei. Seppi dopo che mamma cercò la famiglia Oriali per scusarsi, io e Lele ci chiarimmo subito". Luis Enrique, invece, per lungo tempo non l'ha perdonata. "Successe una vita dopo. Un gesto istintivo, non ho certo pensato "ora gli do una botta in faccia": allargai il braccio sentendolo addosso ma non immaginavo di fargli tanto male. Ho potuto scusarmi dopo anni, quando allenava la Roma e lo incrociai come vice allenatore del Milan: avevo provato più volte inutilmente".

Allegri la voleva portare alla Juve... "C'era sintonia, ma alla fine scelsi di non spostarmi per il legame che avevo con il Milan. Andai via, però, qualche anno dopo, ancora vice ma nella nazionale ucraina con Shevchenko. Sono felice di essere appena rientrato, nello staff di Milan Futuro». Le mancava l'odore dell'erba? "Lo respiravo sui campi da golf nelle lunghe sfide con il mio amico Donadoni". Tassotti, ha un erede? (sorride) "Vediamo come se la caverà Lodovico, il mio nipotino di quattro anni. Intanto ha già la maglietta rossonera".