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UNA CHICCA STORICA

Quando Massimiliano Allegri fece una tournée con il Milan da giocatore

Davide Capano
Davide Capano Redattore 
Nel 1994 Max visse una breve ma significativa esperienza con il Milan da calciatore, partecipando a una tournée della squadra di Capello dopo Atene. In quell’occasione, fu aggregato a una rosa leggendaria, con un compagno come Dejan Savicevic.

Allegri al Milan nel 1994: una parentesi quasi dimenticata

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Nel 1994, poco prima dei Mondiali americani, Massimiliano Allegri fu chiamato a far parte della rosa del Milan per una tournée di fine stagione. All’epoca era un centrocampista del Cagliari e quell’esperienza rappresentò per lui un primo contatto con il mondo rossonero. Pur non essendo ancora uno dei volti più noti della Serie A, Allegri ebbe modo di osservare da vicino i meccanismi e la cultura vincente della squadra milanista.

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Era il Milan di Capello reduce da Atene 1994

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Il contesto era tra i più stimolanti dell’epoca: il Milan era nel pieno ciclo vincente di Fabio Capello ed era reduce dal trionfo contro il Barcellona nella finale di Coppa dei Campioni di pochi giorni prima. La squadra era composta da autentiche leggende e in quel gruppo partito dopo la vittoria di Atene c'era anche Dejan Savicevic. Essere aggregato a un gruppo simile, anche solo temporaneamente, significava immergersi in un laboratorio d’élite del calcio europeo per Allegri.

Allegri e Savicevic: due destini diversi

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Durante la tournée in Messico, Stati Uniti, Indonesia e Cina, Max condivise il viaggio e il vissuto anche con Dejan Savicevic. I due ebbero destini molto diversi: il montenegrino era una leggenda del Milan, mentre Allegri proseguì una carriera da calciatore di medio livello. Tuttavia, quell'incontro fu importante per l'allora 27enne Massimiliano.

Una lezione di calcio per il futuro allenatore

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Quella tournée con il Milan lasciò in Allegri un segno profondo anche se non disputò alcun minuto. Non si trattò solo di una semplice esperienza da giocatore, ma di una vera lezione sul calcio ad alto livello: la professionalità, la mentalità vincente e la cura dei dettagli. Elementi che Allegri avrebbe poi fatto propri nella sua carriera da allenatore, culminata nei successi con Milan e Juventus.

Una tappa simbolica nella carriera di Allegri

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La tournée del 1994 può essere letta oggi, con Massimiliano alla guida del Diavolo, come un momento simbolico nella formazione del tecnico livornese. Un episodio poco noto ma fondamentale per comprendere meglio l’origine della sua filosofia calcistica. In quell’estate, Allegri non solo imparò da vicino cosa significasse vestire la maglia del Milan, ma pose le basi per il suo futuro trionfale da allenatore.

Massimiliano Allegri con la maglia del Perugia nel luglio 1996 (Mandatory Credit: Allsport UK)

Il Milan come scuola di vita per Allegri

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Quella brevissima parentesi con il Milan nel 1994 fu per Massimiliano Allegri molto più di una semplice avventura di fine stagione. Fu un’esperienza che lo mise in contatto diretto con l’eccellenza e che contribuì a formare l’uomo e il tecnico che, anni dopo, avrebbe fatto ritorno a San Siro con ben altri obiettivi e una carriera da vincente.

Di seguito riportiamo un pezzo di Luigi Garlando pubblicato su La Gazzetta dello Sport del 24-5-1994

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In tournée con il Milan attraverso Messico, Stati Uniti, Indonesia e CinaIl viaggio e l'incontro con l'Inter (tratto da www.magliarossonera.it)

▸ “Guadalajara – Guadalajara, città madre del sombrero e della tequila, per una mattinata è stata Milano, cioè la città di Milan e Inter; l'Holiday Inn il sottopassaggio di S. Siro, prima di un derby; nerazzurri e rossoneri che si incrociano, si salutano, si danno pacche sulle spalle, si parlano.

Il Milan ci è arrivato nella notte tra domenica e lunedì, l'Inter qualche giorno prima per giocare e perdere domenica l'amichevole contro una selezione della zona. Ora Inter e Milan saranno protagoniste della Coppa Tecate, quadrangolare con Chivas Guadalajara e Monterrey. Gli organizzatori avrebbero voluto vedere un derby, le milanesi hanno opposto ragioni d'opportunità diplomatica. Così il derby lo si è giocato ieri mattina in sala breakfast; Inter schierata in polo azzurra, a destra, guardando il buffet; Milan a sinistra in polo rossa. Primo approccio tra l'allenatore dei portieri Negrisolo e l'omologo Castellini; Ramaccioni rende omaggio al tavolo degli accompagnatori nerazzurri.

L'azione più spettacolare è di Zenga che irrompe rumorosamente (occhiali scuri, costume, cappellino rivoltato) da «un cinque alto» e un energico abbraccio a Sebastiano Rossi, all'altezza del carrellino degli ananas. I due si appartano a mangiare insieme. Capello scherza con Marini che a bordo piscina sta mettendosi la crema: primo pirata bianco-latte della storia. In piscina Zenga incrocia De Napoli: «Nando, ma non ti dicono niente ad Avellino per quel tatuaggio?». De Napoli guarda il polpaccio dell'interista: «E il tuo cos'è? Un serpente piccolo piccolo: è l'Inter?».

A mezzogiorno l'Inter è partita destinazione Monterrey, dove il 28 incrocerà nuovamente i cugini milanisti. Alle 11 il Milan ha effettuato il primo allenamento messicano, per scaricare la fatica di un viaggio eterno e con un epilogo da brividi.

Cronaca da bordo: al primo posto, vicino al finestrino, Fabio Capello parla molto e di tutto. Nando De Napoli, con occhialini universitari e tatuaggio emergente dai calzini da viaggio, si butta nelle Notti selvagge di Ciryl Collard, dopo averne tradotto l'inizio in napoletano, a voce alta, costringendo il compagno di posto Angelo Carbone a divertite convulsioni. Carbone, con cuffia e disco-music nelle orecchie, balla da seduto. Filippo Galli sottolinea e chiosa a matita un testo di Letteratura latina, c'è un esame universitario che lo aspetta. Una pausa sopra le nevi del Canada per sbirciare su Forza Milan! le foto del trionfo d'Atene; un esame di greco passato con 30 e lode. L'avvocato Mario Ielpo si concentra sull'olocausto: legge Carnefici, vittime e spettatori di Raul Hilberg.

Lentini e Sordo, inseparabili, passeggiano; Lantignotti fa visite frequenti nel reparto superiore della business per trovare il compagno «reggiano» Torrisi. Padovano non si muove: ha vesciche ai piedi che lo costringono ad inquinare l'impeccabile look Fininvest con scarpe da tennis. Allegri tace e osserva; è il più spaesato. Savicevic dorme, a modo suo: non si mette il cuscinetto da viaggio dietro la nuca, ma sotto la gola, come un bavaglino. Poi ne fa una pallottola e ci schiaccia la guancia sopra. Il Genio è il Genio; mai la cosa più semplice. Neanche al controllo passaporti; il suo si impiglia sempre tra le domande dei funzionari. Colpa di un Paese che si è disfatto. Al polso lo Swatch nuovo, comprato durante le tre ore di scalo a Chicago.

Panucci, per un dollaro e quaranta, invece, ha acquistato un paio di portachiavi di Striker, la mascotte dei mondiali, forse promessa con imperdonabile anticipo. Altro che mondiale e soccer, Chicago ha da pensare ai suoi Bulls, alla NBA. Una cinquantina di persone sugli sgabelli del Paradise Bar si scalda per la sua squadra che sta soffrendo con New York. Le divise del Milan non strappano neppure uno sguardo.

Inquietante temporale nell'ultimo tratto di volo. Capello canticchia Messico e nuvole, ma fuori sono lampi e, dentro, si balla per un'ora. Quando si stacca la plafoniera con la scritta «Salida» e penzola dal soffitto appesa a un filo elettrico, Carbone sbotta: «E che è? L'aereo di Topolino...».

Sorrisi da «terra dolce terra» (Ramaccioni in testa) dopo l'atterraggio. Tutte le telecamere vanno su De Napoli, indimenticato protagonista del mondiale messicano dell'86. Nando ripete, quasi a occhi chiusi: «Sì, sì, vinceremo...». Un compagno lo stuzzica: «Ma in Messico c'eri tu o c'era tuo fratello?».

Nella hall dell'albergo, un paio di facce dell'Inter alimentano l'incubo: 20 ore di viaggio... e siamo ancora a Milano?”.