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Nel corso di una lunga intervista concessa a "Por mis pelotas", l’ex calciatore Christian “Chaco” Gimenez ha parlato a cuore aperto del figlio Santiago, oggi conosciuto dai tifosi del Milan come il Bebote. Dalla scelta convinta di vestire il rossonero, ai gol, alla gestione familiare, alle voci estive sul mercato e alle pressioni mediatiche, Gimenez Senior ha toccato ogni aspetto con grande lucidità e orgoglio paterno.
Riportiamo di seguito integralmente tutte le sue parole.
— Chaco, come lo vedi Santi lì in Italia? Si è parlato molto della possibilità che potesse lasciare il Milan.— No, bene, davvero bene. Sì, a un certo punto ci sono stati molti cambiamenti al Milan: è andato via il direttore sportivo, anche l’allenatore. La verità è che sono andati via i due attaccanti e Santi è rimasto, quindi sì, ci sono state molte voci. Ma alla fine hanno ritenuto che la cosa migliore fosse che Santi restasse.
Quindi lui sta bene, è contento. Si sono dette tante cose durante le vacanze e tutto il resto, ma è tornato ed era in forma. Beh, in realtà stava già bene prima delle vacanze, perché questi giocatori di alto rendimento non è che debbano fare addominali tutti i giorni. Una settimana senza allenarsi non succede nulla. Non smettono mai veramente di lavorare, sono sempre attivi. E niente, è molto felice fin dall’inizio.
Quando eravamo in Olanda, aveva opzioni con altre squadre, ma quando è spuntato il Milan ha detto: “Milan”. Ed è stato tutto Milan, Milan, Milan. Su sette opzioni, quando è arrivato il Milan per lui è stato subito chiaro. Quindi tutto quello che sta vivendo lì è un sogno, e noi lo stiamo accompagnando sempre.
— Ha già segnato, ed è una gran notizia, no?— Sì, sì. In verità parlavo molto con lui e non mi preoccupava troppo la mancanza di gol, perché si creava occasioni. Ne parlavamo molto anche con il profe Mesa, che è una sorta di mentore per la sua carriera. Santi parla con lui, anch’io, e spesso quello che gli dicevamo era che doveva restare tranquillo. Perché, al di là del gol, si stava creando opportunità, lavorando per la squadra, facendo quello che l’allenatore chiedeva. Tutto quello che diceva Allegri, noi lo vedevamo, ma mancava il gol.
E non ho dubbi. Dopo la partita del weekend, appena finita, mi ha detto: “Tranquillo, i gol arriveranno.”— Chi te l’ha detto?— Santi.
E la verità è che lui è molto felice. È un ragazzo di qui, dà tutto quello che ha.
— Come si gestisce in casa il fatto di avere un figlio che ha avuto un’esplosione così rapida?— In realtà non devo dilungarmi molto nella risposta. Non ho avuto problemi. A volte vorrei quasi che si cacciasse in qualche guaio, così imparerebbe a risolverlo da solo. Proprio oggi ne parlavamo: se c’è qualcosa che mi dà tranquillità e che ammiro molto di lui è che parla ogni giorno con sua madre. Questo mi dice tanto, è come dire: “Wow, ha i piedi per terra.”
Ha qualcosa di diverso sotto questo aspetto, è molto legato alla famiglia. Preferisce stare con sua moglie, e anche lei ci include molto. Ci chiede cosa vogliamo fare a dicembre, se andiamo in vacanza, ci rende parte dei suoi piani.
Ci invita a trovarli, parla con le sue sorelle. Con Agus, che ha 20 anni, la consiglia molto, e anche con la più piccola ha un rapporto molto stretto. È tutto molto normale, molto naturale.
Non ho situazioni in cui abbia dovuto dirgli: “Datti una calmata.” Sì, è successo qualche volta, ma molto poche, quasi mai. È molto trasparente. Se vuole uno chef, te lo dice. Se vuole un certo tipo di materasso, pure. Non abbiamo nessun problema con questo.
— Mi hanno raccontato una storia qualche mese fa, credo durante la Copa America. Che il tecnico del Venezuela, Bocha Batista, voleva convincere Santi a giocare per l’Argentina invece che per il Messico. Com’è andata?— Sì, ha chiamato me. Mi ha chiesto come lo vedevo, perché voleva portarlo nella Sub-20, se non sbaglio. Ma poi ho parlato direttamente con Santi, ne abbiamo discusso in famiglia e lui ha detto di no.
La verità è che lui si sente messicano, ama il Messico. Ha fatto tutto il percorso con le selezioni giovanili del Messico, e non è stata una decisione difficile.
— E come gestite le critiche? Perché spesso Santi viene criticato: che gioca poco, che non segna. E sembra che quando qualcuno ha successo, qui ci piaccia abbatterlo.— Sì, totalmente. E ancora di più quando si trova nella posizione di poter diventare un giocatore storico, di rappresentare il Messico alla grande. I ragazzi oggi crescono dicendo: “Voglio essere come Santi Gimenez.”
I miei nipoti, ad esempio, hanno chiesto a Babbo Natale una maglia con il nome di Santi. È un punto di riferimento per la Nazionale messicana.
A volte lui non se ne rende conto, perché sta lì in Europa, ma io gli dico: “Figlio, non sai cosa generi qui.” E condivido molto quello che dici: siamo molto duri con quelli che sono in alto, come lo siamo stati anche con Chicharito (Javier Hernandez, nda), ad esempio.
In queste parole, Christian "Chaco" Gimenez ci restituisce l’immagine di un ragazzo consapevole, sereno e determinato. Il Bebote ha scelto il Milan con convinzione e si sta giocando le sue carte in uno dei club più prestigiosi del mondo. Il talento c’è, la testa anche. Ora il resto è solo questione di tempo e… gol.
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