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Samuele Dalla Bona, è stato uno dei centrocampisti italiani più promettenti tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila. Un giocatore, per certi versi, precursore del ruolo moderno, capace di unire corsa, inserimenti e qualità tecnica: un vero box-to-box in un’epoca in cui quel tipo di centrocampista era ancora raro.
VERONA, ITALY - MAY 26: Samuele Dall Bona of Napoli (R) competes in the air with Biaisi (L) and Nico Pulzetti (C) Hallas Verona during the Serie B match between Hellas Verona and Napoli on May 26, 2007 at the Stadio Marc Antonio Bentegodi in Verona, Italy. (Photo by New Press/Getty Images)
Cresciuto nel settore giovanile dell’Atalanta, a soli 17 anni si trasferisce in Inghilterra al Chelsea, dove debutta nel 1999. Con la maglia dei Blues si mette in mostra per visione di gioco, dinamismo e capacità realizzative, qualità che attirano l’interesse del Milan di Carlo Ancelotti, che lo porta in rossonero nell’estate del 2002.
In rossonero resta una sola stagione, ma il contributo di Samuele Dalla Bona è comunque prezioso: vince la Champions League e la Coppa Italia, entrando così nell’albo d’oro di uno dei Milan più forti della storia recente.
Nel prosieguo della carriera veste le maglie di Bologna, Lecce, Sampdoria, Napoli, passa poi ai greci dell’Iraklis, prima di tornare in Italia con Verona, Atalanta e infine Mantova, dove chiude la sua carriera da calciatore professionista.
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Di seguito il quarto estratto della lunga intervista concessa in esclusvia ai microfoni di Milanisti Channel.
Ha giocato in Italia e in Inghilterra: che differenze ha trovato a livello di mentalità e di allenamento?
"Penso che ormai non sia più un segreto: in Inghilterra si gioca come se fosse una festa. Il pubblico ti sostiene dall’inizio alla fine e quasi mai ho sentito fischi pesanti in una partita. Se giochi fuori casa può capitare, ma nulla di particolare. In Italia, invece, il tifo è più caloroso, ma se sbagli qualche partita possono sorgere problemi mediatici e ambientali. Emblematico è il caso di Rafael Leao: per me è un grandissimo calciatore, anche se spesso in Italia si tende a dimenticarlo, accusandolo di discontinuità, senza considerare che da quando è al Milan riesce sempre a fare la differenza".
Guardando indietro alla sua carriera, c’è qualcosa che la rende orgoglioso e qualcosa che cambierebbe?
"Questa è una domanda che mi viene fatta spesso, ma posso dire che non ho rimpianti particolari. Ho vissuto belle esperienze anche dopo Chelsea e Milan, al Lecce, Bologna e Napoli. Il rimpianto vero riguarda il Milan di allora: era qualcosa di stratosferico e in Italia, quando ottieni un bollino, è difficile rimuoverlo. Il fatto di essere andato al Milan non è assolutamente un rimpianto. Claudio Ranieri all’epoca mi consigliò di restare al Chelsea, ero appena arrivato in Inghilterra e forse non era il caso di tornare subito in Italia, considerando la giovane età e il contesto creatosi ai Blues. Tuttavia, il Milan era irrifiutabile: come avrei potuto dire di no ai rossoneri? Accettare quella sfida mi ha permesso di vincere la Champions League e vivere un’esperienza positiva, accanto a calciatori straordinari che mi hanno formato. Sebbene al Chelsea ci fossero grandi giocatori, al Milan il livello umano e tecnico era ancora superiore".
Intervista esclusiva a cura della redazione di Milanisti Channel. Ogni riproduzione, totale o parziale, è vietata senza autorizzazione scritta. © Milanisti Channel - Tutti i diritti riservati.
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