
Ruud Gullit, storico ex giocatore del Milan dal 1987 al 1994, Pallone d'Oro nel 1987 e vincitore di numerosi trofei di squadra, a 62 anni non ha certo bisogno di presentazioni.
Le dichiarazioni dell'ex Milan
Ruud Gullit, storico ex giocatore del Milan dal 1987 al 1994, Pallone d'Oro nel 1987 e vincitore di numerosi trofei di squadra, a 62 anni non ha certo bisogno di presentazioni.
Una carriera costellata da successi e soddisfazione personali. Negli anni del trio olandese, quasi tutti avevano una parrucca con le treccine, un segno distintivo ancora oggi, nonostante il tempo trascorso.
In una lunga e piacevole intervista alla Gazzetta dello Sport, ha parlato del Milan, ma anche del suo connazionale Tijjani Reijnders.
Ecco un estratto con le dichiarazioni più importanti rilasciate dal Pallone d'Oro 1987.
Gullit, si aspettava una stagione così deludente da parte del Milan?
«Mi ricorda quella del Chelsea, un’altra squadra che in questo momento è... un enigma. Sinceramente non ho capito che tipo di calcio voglia fare il Milan. Secondo me non ha trovato la direzione giusta: sulla carta la rosa è forte, soprattutto dopo il mercato di gennaio, e la vittoria della Supercoppa italiana, sembrava aver risolto tutti i problemi. Invece non è stato così: quell’affermazione in Arabia Saudita non ha trasmesso una reale sicurezza al gruppo e non c’è stato un miglioramento importante rispetto alla prima parte della stagione».
Come si risolve il problema?
«Come ha fatto il Psg, quando ha smesso di comprare stelle, ha preso un allenatore, Luis Enrique, con una filosofia di gioco brillante e ha valorizzato il settore giovanile. Un altro esempio è il Liverpool che ha sostituito Klopp con un tecnico con la stessa filosofia e Slot sta vincendo la Premier. Il Milan ha bisogno di ritrovare le proprie radici, il proprio dna. Il successo non si può comprare, ma va cercato con il lavoro e le scelte giuste».
Cosa pensa della crescita di Reijnders?
«Le sue ultime stagioni sono state incredibili ed è un giocatore che ci sta esaltando. Lo conosco dai tempi delle giovanili all’Az Alkmaar e sono molto orgoglioso dei progressi che ha fatto. È diventato un top a livello mondiale segnando tanti gol e giocando alla grande con continuità».
Reijnders domani sarà protagonista in Napoli-Milan, la partita che nel 1988 ha regalato a lei il primo scudetto. Cosa ricorda di quel match?
«È stata una grande avventura (ride, ndr) perché non ero mai stato a Napoli nella mia vita. Il sabato, prima della partenza, ero perplesso perché noi giocatori e lo staff tecnico eravamo su un aereo, mentre su un altro più piccolo c’erano diversi addetti alla sicurezza e... il cibo. Arrivati al Jolly Hotel di Napoli, occupammo tutto l’ultimo piano, blindato dalle nostre guardie del corpo e solo loro potevano avvicinarsi al cibo che veniva cucinato dai cuochi che erano partiti con noi. C’era la paura che qualcuno potesse mangiare qualcosa di non buono e poi non potesse giocare (ride, ndr)».
La domenica poi la sfida al San Paolo.
«Quando con il pullman andavamo allo stadio, ci tirarono arance, pietre e qualsiasi tipo di oggetto. C’era un’atmosfera pazzesca, ma vincemmo».
Nonostante di fronte ci fosse Maradona.
«Sfidare un fuoriclasse come lui era elettrizzante: Diego era un campione pazzesco. Fu eccezionale anche il pubblico napoletano che dopo quel successo ci applaudì. Davvero indimenticabile».
Il Milan può ripetere un’impresa come la vostra al San Paolo?
«Spero che finisca allo stesso modo, ma non sarà facile. Il Napoli è forte».
Cosa vorrebbe dire per il Diavolo non partecipare alla prossima Champions?
«Sarebbe un disastro. I rossoneri sono indietro e la loro rincorsa sarà dura, ma devono dare il massimo. Ce la possono ancora fare».
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