- Calciomercato
- Squadra
- Coppe Europee
- Coppa italia
- Social
- Milan partite e risultati live
- Redazione
Perché Alexandre Pato scelse il Milan? "Avevo altre offerte, ma giocavo tanto alla playstation e i campioni che sceglievo facevano quasi tutti parte del Milan. Era come entrare nella playstation. Braida venne a trovarmi in Brasile, Ancelotti mi studiò dal vivo in Canada al Mondiale Under 20. Decisi in fretta. Poi ho dovuto pazientare qualche mese perché a fine mercato estivo ero ancora minorenne. E a gennaio esordii contro il Napoli: aspettavo tanto quel momento, lo aspettavano i tifosi. Segnai subito e l'urlo di San Siro lo porto ancora dentro eli me. Mi manca San Siro, mi manca il Milan".
"Mi piacerebbe indossare di nuovo la maglia rossonera, anche solo per sei mesi". Ma lei non ha smesso di giocare? "L'ultima partita è del settembre 2023, ma continuo ad allenarmi da solo. Tornerei solo per il Milan e lo farei con grandissimo impegno e serietà".
"La doppietta nel derby-scudetto del 2011. Quell'anno segnai 14 gol in 25 partite, con Ibra e Robinho mi trovavo benissimo". Come spiega oggi tutti gli infortuni? "Non ero fragile, mi allenavo bene, curavo l'alimentazione, ero disciplinato. Nella mia famiglia tutti erano fisicamente forti. Probabilmente sono cresciuto velocemente e avrei avuto bisogno di fare esercizi specifici che mi aiutassero a non correre rischi. Ogni volta che mi fermavo perdevo forza e massa muscolare".
Qual è la verità del mancato trasferimento al Psg? Gennaio 2012: lei era fidanzato con Barbara Berlusconi, Galliani aveva chiuso l'acquisto di Tevez, poi tutto saltò. E Tevez andò alla Juve: "Non fui io a rifiutare e nemmeno Barbara a fare pressioni. AI Psg c'erano Ancelotti e Leonardo, che anni prima mi aveva consigliato al Milan. Mi proposero uno stipendio da 8 milioni netti. Io accettai e dissi al Psg di trovare un accordo con il Milan. All'improvviso mi telefonò Silvio Berlusconi: "Non accettare, sei la nostra stella, puntiamo su di te per la Champions". Non potevo dirgli di no. Fu il presidente a decidere, non io e nemmeno Barbara. Poi la colpa fu data al più fragile, cioè io".
© RIPRODUZIONE RISERVATA