Il calcio romantico non più possibile

Il calcio romantico, basato sulle questioni di cuore, è finito con Berlusconi

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Un certo tipo di gestione calcistica in cui si coniugava l'efficienza dell'azienda col cuore e col calcio romantico, è finita con Berlusconi
mbambara
mbambara Vice direttore 

Molti sostengono che gli americani vedano il Milan soltanto come un business. Non mi interessa contestare questa affermazione. Penso che sia vera ed anche inevitabile. Il giorno più brutto della mia vita milanista non è stato il giorno della finale di Istanbul. Il giorno più brutto, drammatico, spiacevole, per me è stato il 13 aprile 2017. Quel giorno il Presidente Berlusconi ha ceduto definitivamente il Milan alla cordata cinese ed è finito il calcio romantico.

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Una finale persa, anche nel modo più tragico sportivamente, non è nemmeno paragonabile al 13 aprile 2017. Quel giorno, per me, è finito un certo modo di approcciare al calcio. In tanti, durante la fase finale dell’era Berlusconi, hanno pensato bene di offendere e dileggiare quello che, per tanti di noi, era stato l’amore della vita, il Milan dei sogni. Berlusconi aveva la “colpa” di non riuscire più a reggere il fardello sportivo con gli utili delle proprie aziende. Tuttavia l’amore per il Milan inteso nel senso più ampio poteva garantirlo solo lui, oppure un’altra famiglia italiana che era vissuta nella liturgia rossonera.

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Otto anni fa è finito il calcio romantico

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Dal 13 aprile 2017, sinceramente, non mi aspetto nulla di romantico o di selvaggiamente sentimentale da parte della proprietà pro-tempore che detiene il Milan; credo sia impossibile che una proprietà straniera vada oltre il mero business e ne faccia una questione di cuore. Pensare il contrario, ossia che dopo un fondo di previdenza arriverà un nuovo Berlusconi, mi pare la classica fiaba dei fratelli Grimm; bella da leggere ai bambini prima di addormentarli ma, per l’appunto, una fiaba.

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Il calcio romantico, quello per il quale “il Milan non si quota in Borsa perché è una questione di sentimenti”, è terminato quel maledetto giorno di aprile di 8 anni fa. Oggi dal Milan si può pretendere un livello ed una resa maggiore dalla parte sportiva del club. Si può pretendere una miglior qualità nella spesa, un'allocazione più logica delle risorse, la scelta di figure tecniche esperte nei ruoli apicali. Pensare che si potrà avere una proprietà, in futuro, innamorata del Milan è invece una pretesa utopistica che non tiene conto, minimamente, di quella che è la realtà del calcio di oggi.