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Paratici sul passaggio al Milan sfumato: "Siamo stati molto vicini. Poi se il matrimonio non si è concluso totalmente non si è concluso totalmente non so qui a chiedermi il perché. Diplomatico? No, non lo sono e non miglioro in questo. Ma non posso stare a chiedermi il perché, dopo tutto quello che ho passato, se questo ha influito su delle decisioni di un club".
Lo ha fatto a Sky Sport: “Per il mio carattere, quando ho affrontato la situazione delle plusvalenze avevo vergogna di difendermi. Perché ci si difende quando si fa qualcosa di male: io dentro di me ho sempre sentito che non avevo fatto nulla. È stata una vicenda molto lunga. Ti devi confrontare con argomenti mai affrontati, con situazioni che non avresti mai pensato di dover gestire. Alla fine ti senti quasi migliorato come persona. Ma nessuno ha mai spiegato che la Juventus, io e le persone coinvolte siamo stati condannati non per la valutazione ‘artificiale’ o distorta dei calciatori, ma per un principio contabile che non è mai stato utilizzato prima. E neanche dopo”, ha detto confidando la sua verità. “Ci sono decine di criteri per cui la valutazione dei giocatori cambia. Esistono dei range? Certo, un range logico serve agli operatori di mercato. Ma poi si entra in una situazione di soggettività assoluta”.
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Facendo riferimento al suo patteggiamento nella vicenda plusvalenze, ancora Paratici: “È stata una scelta responsabile. La vicenda durava da 4 anni e mezzo, la squalifica sportiva era già stata scontata e il processo penale era solo all’udienza preliminare. Per gli anni a venire non avremmo avuto nessuna certezza su come si sarebbe conclusa. Anche dal punto di vista lavorativo tutto questo va a inficiare delle possibilità. Quindi abbiamo deciso in maniera responsabile di fare la richiesta di applicazione della pena e chiudere”.
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