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La cessione di Theo Hernandez dal Milan non è un trasferimento come gli altri. Non può esserlo. Theo è stato molto più di un semplice terzino sinistro: è stato motore, cuore pulsante e simbolo di una fascia sinistra che, con Leao, ha regalato emozioni forti e momenti indimenticabili ai tifosi rossoneri.
Ogni sua galoppata era una scarica di adrenalina, una fiammata che accendeva San Siro. In sei stagioni al Milan ha segnato 34 gol, diventando il difensore più prolifico della storia del club. Numeri spaventosi per un giocatore che, fino a pochi mesi fa, sembrava inarrestabile.
Theo Hernandez è arrivato al Milan nell’estate del 2019, dopo una stagione da comprimario al Real Madrid (nel 2017/2018 dove ha vinto Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per Club) e una stagione da protagonista alla Real Sociedad, seppur con risultati poco più che discreti (2018/2019 solo 1 gol all’attivo).
All’arrivo al Milan, Theo non viene accolto con i crismi del predestinato: la presenza in rosa di Ricardo Rodriguez fa storcere il naso a molti, che considerano il suo acquisto superfluo. Con il tempo, ma soprattutto con le prestazioni, il francese farà ricredere i suoi detrattori, vincendo uno Scudetto e una Supercoppa Italiana in maglia rossonera.
Per un lungo periodo Theo Hernandez è stato letteralmente inarrestabile. In particolare fino al 2023, sembrava viaggiare su altre frequenze rispetto a chiunque altro, anche se poi le sue statistiche sono rimaste costanti per tutte le sei stagioni. Il calo è arrivato contestualmente a quello del Milan, dalla stagione 2023/2024, e si è aggravato nell’ultima annata, in cui il Theo devastante dell’inizio si è visto solo a tratti. Molte, invece, le distrazioni difensive.
Da questo momento in poi, svesto i panni dell’imparziale per indossare quelli del tifoso. Un tifoso innamorato calcisticamente di Theo, che si è visto gettare sul volto una secchiata d’acqua gelida e, a mio avviso, decisamente non meritata.
È doverosa una premessa: sono tifoso del Milan dalla nascita, come chiunque ami il rosso e il nero. Amo questi colori visceralmente e considero il Milan una parte integrante della mia vita. Possiedo moltissime maglie della storia rossonera, acquistate sempre senza nome e numero, per scelta. Tifo il simbolo sul petto, non il nome sulla schiena. Con qualche piccola eccezione.
Ho infatti le maglie di Shevchenko e Kakà: le uniche, fino al 2023, con nome e numero. Fu una scelta legata al dolore provato nel veder partire il Re dell’Est e il Bambino d’Oro. Da quel momento decisi: mai più maglie personalizzate.
Poi, a inizio 2023, ho fatto un’eccezione. Una scelta di cuore, ma a questo punto decisamente inopportuna. Ho preso le maglie di Sandro Tonali e Theo Hernandez. Mi dicevo: “Su Sandro posso mettere la mano sul fuoco, resterà sempre al Milan. Ma forse anche Theo ha questo desiderio. Mai tradirebbe il club che l’ha reso grande”.
E invece, così non è stato.
Negli ultimi dodici mesi, gli atteggiamenti di Theo sono stati difficili da digerire: mancati ripiegamenti, corsette al piccolo trotto, assenza di quelle sgaloppate in avanti che lo hanno reso unico. E tutto questo senza dimenticare l’episodio di San Siro contro il Feyenoord.
A peggiorare la situazione, il post social d’addio. Parole amare, velenose, con accuse velate alla società e riferimenti alle ambizioni… mentre si sceglie consapevolmente di trasferirsi a quasi 28 anni in Arabia Saudita. Troppo.
Il tifoso milanista non meritava un epilogo simile. Anzi, a ben vedere, la storia di Theo Hernandez al Milan non meritava un finale del genere. Perché se il popolo rossonero ha saputo sopportare le cessioni di Shevchenko e Kakà, saprà accettare anche quella di un altro grande della sua storia. Un grande che lo è stato, sì, ma per pochi anni rispetto alla storia ultracentenaria del Milan.
Detto questo...buona fortuna, Theo. Per un periodo sei stato il nostro cuore pulsante, prima di rallentare i tuoi battiti e di conseguenza i nostri.
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