
+++Jashari-Milan, Lookman-Inter: un’analisi ironica ma puntuale sul modo in cui gli italiani plasmano le percezioni del calciomercato.+++
DUE NARRAZIONI
MILAN, ITALY - OCTOBER 22: Rafael Leao of AC Milan competes for the ball with Ardon Jashari of Club Brugge KV during the UEFA Champions League 2024/25 League Phase MD3 match between AC Milan and Club Brugge KV at Stadio San Siro on October 22, 2024 in Milan, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)
+++Jashari-Milan, Lookman-Inter: un’analisi ironica ma puntuale sul modo in cui gli italiani plasmano le percezioni del calciomercato.+++
Il calciomercato italiano si sa, piace commentarlo in vari modi da tutti, ma c'è anche chi riesce a mascherare e trasformare trattative complicate per una squadra a trattative ostacolate da ''altri fattori''. Ieri il Milan era l'accattone della Serie A, incapace di chiudere un'operazione senza chiedere lo sconto. Jashari? Poco professionale, poco maturo, poco tutto con il suo Club Brugge.
Oggi, invece, il vento è cambiato. Ora è l’Atalanta a ricoprire il ruolo del villain, colpevole di voler trattenere Lookman contro la sua volontà, come se fosse incatenato a Zingonia con la palla al piede.
Ci siamo abituati, purtroppo. Ogni trattativa è una storia a sé: un giorno un giocatore è "scarso", il giorno dopo diventa "bloccato da dirigenti senza cuore". Basta cambiare colori societari perché cambino anche i giudizi.
E non si tratta solo di tifo mascherato, è proprio un meccanismo di storytelling tossico, utile solo a creare tensione. La comunicazione del calcio è cambiata per tutti gli ambienti o forse per uno solo?
L’improvvisa redenzione di Jashari – da obiettivo ridicolo del Milan a centrocampista serio e ambito – è il riflesso perfetto di quanto conti la maglia, o meglio: quando conti chi la indossa, nella costruzione del personaggio mediatico.
E Lookman? Improvvisamente non è più un calciatore sotto contratto, ma un uomo in ostaggio. Certo, quando a trattare è l’Inter, bisogna pur trovare il modo di far sembrare eroico ogni passo.
Non si pretende oggettività assoluta – sappiamo che non esiste. Ma un minimo di coerenza, sì.
La disparità con cui vengono narrate da chiunque (una volta è turno di un opinionista, una volta di un tifoso...) le operazioni delle due milanesi è troppo evidente per non essere sottolineata. Se il Milan tratta con parsimonia, è "tirchio". Se lo fa l'Inter, è "strategico". Se i rossoneri ricevono un no, sono "inesperti". Se capita ai nerazzurri, sono "vittime del sistema".
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Il problema non è solo sportivo. È culturale. Il modo in cui viene raccontato il calcio riflette anche il modo in cui viene raccontato il resto: sempre alla ricerca di un colpevole e di un eroe, mai davvero interessati alla realtà.
E così ogni giorno, sui social e nei salotti tv, si alimenta una giostra di indignazione che cambia direzione secondo convenienza.
Chi ama davvero questo sport – che sia rossonero, nerazzurro o neutrale – dovrebbe chiedere di più. Ai dirigenti, sì, ma anche a chi crea, alimenta i temi su cui dibattere e confrontarsi civilmente.
Perché l’intelligenza del tifoso medio è sottovalutata, e la narrazione tossica rischia di farci perdere di vista l’unica cosa che conta davvero: il campo.
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