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Solitamente il calcio vive più di episodi, momenti, azioni, che parole, ma dopo il rigore sbagliato da Pulisic in Juventus-Milan, anche questa ''regola non scritta'' inizia a perdere di senso. Le parole di Allegri rivolte alla panchina del Milan dopo l'errore dell'americano dal dischetto risuonano e risuonano perché se è vero che il calcio vive di fatti concreti, questi accadono solo dopo uno scambio di battute, un suggerimento, un consiglio. Ecco appunto, consiglio, come quello dato dallo stesso Allegri a Pulisic in allenamento a Milanello.
Le telecamere non lo mostrano, ma Massimiliano Allegri, poco prima della battuta, si gira verso la panchina, quasi a non voler guardare. Dopo il tiro, il tecnico livornese scuote la testa e chiede ai suoi collaboratori:
“Ha tirato di piatto, vero? Glielo avevo detto di non calciare così i rigori…”
Una frase che, più che rimprovero, suona come una lezione tecnica. Perché nel calcio, soprattutto nei momenti di massima tensione, il come conta quanto il cosa. E allora proviamo a capire il perché un rigore non si deve mai tirare di piatto.
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Il piatto solitamente è la scelta più sicura, ti dà la percezione di tirare con più precisione. Oltre ai tiri, il piatto è fondamentale nei passaggi, nei cambi e aperture di campo e delle volte anche in cross molto accurati. Tuttavia dal dischetto il piatto diventa un'arma a doppio taglio.
A prima vista, calciare col piatto può sembrare una scelta sicura. È il gesto che si usa nei passaggi precisi, nelle aperture pulite, nei cross dosati. Ma dal dischetto, quando la palla e il tempo pesano come macigni, il piatto diventa un’arma a doppio taglio.
Dal dischetto il primo elemento essenziale è la velocità d'esecuzione. Più veloce si calcia più si dà potenza e così facendo si riduce il tempo di reazione ai portieri. Con il piatto il tiro risulta più lento, più leggibile. Il portiere aumenta le capacità di riflesso, e se intuisce la direzione, è quasi sempre in vantaggio. L’illusione è quella del controllo, ma basta inclinare il piede di pochi gradi e la palla vola alta proprio come successo a Pulisic.
Quando si calcia di piatto, il contatto tra piede e pallone è più esteso, ma anche più “rigido”. Non puoi correggere la traiettoria in corsa: se l’appoggio è leggermente arretrato, il tiro si impenna; se troppo avanti, finisce rasoterra. In un rigore, dove si ha un tempo ridotto per cambiare la direzione della conclusione, questo margine d’errore, calciando di piatto, è fatale.
Un rigore vincente non è solo una questione di mira, ma di inganno. Con il piatto, il gesto è più leggibile. Il movimento del piede e del corpo anticipa la direzione: chi difende, anche solo per istinto, può capirlo un attimo prima.
Nei momenti di pressione, la tecnica deve adattarsi alla tensione. Calciare col piatto richiede lucidità e finezza, ma nei calci di rigore il piede diventa più rigido. È una questione psicologia e bisogna tenerlo a mente. La stessa mente che vuole la precisione, mentre il corpo cerca la potenza, e il risultato, alla fine può essere un compromesso sbagliato.
Il rigore di Pulisic, più che un errore isolato, è una piccola lezione di biomeccanica applicata al calcio.Allegri lo sa bene: nel suo Milan costruito su equilibrio e concretezza, i dettagli tecnici valgono punti.
Dal Torino (sponda granata, a febbraio) al Torino bianconero, l’americano ha rivissuto lo stesso copione: palla sul dischetto, tiro col piatto, esito identico. Adesso abbiamo capito il perché Allegri abbia consigliato a Capitan America di non calciare di piatto. Il piatto serve per servire un compagno. Dal dischetto, invece, serve colpire con convinzione.
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