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L’arrivo di Igli Tare al Milan non è una semplice nomina dirigenziale. È un gesto strategico, quasi simbolico, di una società che ha bisogno di ristabilire ordine, coerenza e identità. E le prime parole del nuovo direttore sportivo del Milan, al canale ufficiale del club, non hanno deluso: sobrie, misurate, ma profondamente incisive. Tare ha centrato subito i temi essenziali - responsabilità, appartenenza, compattezza - restituendo ai tifosi la sensazione che, finalmente, si stia tornando a ragionare in termini di visione e struttura.
Dopo mesi di tensioni, decisioni controverse e malumori tra società e tifosi, il Milan sceglie un profilo esperto e navigato. Tare, con la sua lunga esperienza alla Lazio, porta un bagaglio tecnico e manageriale raro nel panorama italiano. Il suo arrivo risponde a un’esigenza precisa: trovare un dirigente capace di fare da ponte tra squadra, spogliatoio e proprietà, garantendo protezione mediatica e stabilità interna.
In un calcio moderno sempre più frammentato tra interessi economici e dinamiche di gruppo, la figura del direttore sportivo diventa centrale. Serve una guida autorevole, che conosca le dinamiche dello spogliatoio e le esigenze del management. Un dirigente che sappia gestire il mercato, ma anche parlare con calciatori, allenatore e stampa.
Tare, con la sua prima uscita mediatica da DS del Diavolo, ha dimostrato di avere questa consapevolezza. Ha parlato di appartenenza al Milan come valore fondante e non come semplice retorica. Ha sottolineato il peso della responsabilità individuale e collettiva. Parole importanti in un ambiente che ha troppo spesso dato spazio a divisioni e tensioni interne.
Oltre agli aspetti tecnici, Tare è chiamato a compiere una vera e propria rigenerazione culturale del Milan. Negli ultimi anni si è accumulata una negatività cronica, fatta di malintesi, fughe di notizie e conflitti sotterranei. Una situazione tossica che ha rallentato ogni tentativo di costruzione costante.
Tare dovrà ripulire l’ambiente da logiche poco chiare e riportare al centro merito, ordine e cultura del lavoro. È una sfida manageriale, non solo sportiva.
Il Milan ha scelto un profilo forte, indipendente e competente. Tare dovrà ricostruire un rapporto solido tra società e squadra, e portare una visione chiara e coerente nelle scelte tecniche e gestionali. Le sue parole - misurate ma decise - aprono a un nuovo corso. Meno propaganda, più sostanza. Meno slogan, più lavoro concreto.
In un calcio dominato dalla comunicazione, torna centrale la credibilità della dirigenza. E Tare può diventare il perno di un Milan più stabile, più compatto e più competitivo.
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