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Tempo decisivo

Dieci giorni che possono cambiare la stagione del Milan

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La sconfitta in Supercoppa evidenzia i limiti della rosa del Milan: dieci giorni per ricaricarsi, rinforzare la rosa e ripartire senza alibi.
Gaetano de Santis
Gaetano de Santis Redattore 

Con la sconfitta in semifinale di Supercoppa Italiana a Riyad per mano del Napoli di Antonio Conte, il Milan avrà a disposizione dieci giorni prima di tornare in campo per un'altra partita ufficiale. Si tratta di Milan-Verona, in programma alle 12:30 di domenica 28 dicembre 2025. Un lasso di tempo doloroso, perché chiunque avrebbe voluto giocare la finale e provare ad alzare il trofeo, come accaduto a gennaio 2025, ma che, paradossalmente, potrebbe rivelarsi più prezioso di quanto sembri.

Il Milan arrivato a Riyad era infatti privato di due pilastri fondamentali: Matteo Gabbia e Rafael Leao (il portoghese presente fisicamente, ma impossibilitato a scendere in campo). A questi si è aggiunto Luka Modric, utilizzabile solo a mezzo servizio e infatti subentrato solo negli ultimi minuti. Inoltre con Gimenez alle prese con i problemi alla caviglia, in attacco mancavano alternative da utlizzare a gara in corso.

Come se non bastasse, molti dei calciatori disponibili sono arrivati in Arabia con le energie ridotte al minimo, complice il calendario fitto, la recente partita di Coppa Italia e l'assenza di ricambi credibili nei rispettivi ruoli.

Modric in calo: inevitabile, ma gestibile

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Va inoltre considerato che Ardon Jashari, il vero sostituto naturale di Modric, è rientrato pienamente soltanto in questa gara, dopo aver messo minuti nelle gambe in Coppa Italia contro la Lazio. Questo spiega la scelta di Allegri di tenere il croato inizialmente in panchina. Semplicemente, questo straordinario quarantenne aveva bisogno di rifiatare dopo aver praticamente giocato sempre dall'inizio della stagione.

Nonostante la consueta dedizione e attenzione maniacale ai dettagli, Modric ha mostrato una lieve flessione nelle ultime uscite: fisiologica, ma comunque rilevante per il Milan. Tutte le azioni passano dai suoi piedi e quando le gambe non rispondono più come a inizio stagione, il ritmo delle giocate rallenta inevitabilmente, trascinando con sé l’intero sistema di gioco.

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Il calciomercato del Milan: dieci giorni da sfruttare fino in fondo

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Questi dieci giorni rappresentano anche una finestra preziosa per la dirigenza, chiamata a intervenire su alcune lacune evidenti della rosa. La priorità resta un attaccante pronto all'uso, fisicamente strutturato e funzionale al sistema attuale. L'identikit porta a Niclas Fullkrug, quasi trentatreenne tedesco che nelle ultime due stagioni ha segnato appena tre reti, ma che nelle tre precedenti era sempre andato abbondantemente in doppia cifra. Non il centravanti del futuro, ma quello che serve al Milan adesso.

Un'altra necessità, emersa con forza proprio nella semifinale di Supercoppa, è l'assenza di un altro leader difensivo al centro della retroguardia a tre oltre a Gabbia. Senza Matteo, la difesa ha mostrato la mancanza di un giocatore capace di guidare il reparto e coprire le eventuali falle lasciate dai braccetti. De Winter ha dimostrato ancora una volta, purtroppo, di non essere adatto a quel ruolo. Il suo habitat naturale resta quello di braccetto di destra e utilizzarlo altrove finisce per danneggiare sia il Milan e sia il calciatore stesso.

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Con la risoluzione del contratto di Thiago Silva con la Fluminense, il Milan ha la strada spianata per riportare a Milano una delle sue leggende. Vivere gli ultimi 6 mesi della straordinaria carriera di Thiago sono un'opportunità per i rossoneri e per il calciatore. Non sfruttarla sarebbe un peccato.

Ulteriore criticità riguarda l'esterno destro del centrocampo a cinque. Il divario tra Saelemaekers e Athekame è attualmente troppo ampio per passare inosservato. A sinistra, invece, la differenza tra Bartesaghi ed Estupinan appare meno marcata, rendendo evidente come le vere necessità siano concentrate sulla corsia opposta.

Dunque questi dieci giorni dovranno essere sfruttati fino all'ultimo minuto, sia dalla squadra e sia dalla società. Perché i rimpianti, a fine stagione, sono sempre i più difficili da digerire e spesso pesano ancora di più in quella successiva.