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Il Milan probabilmente chiuderà la stagione 2024/2025 di Serie A in nona posizione, fuori dall’Europa e lontano anni luce dalle aspettative estive. In molti, tra tifosi, addetti ai lavori e opinionisti, puntano il dito contro gli errori arbitrali che hanno penalizzato i rossoneri in più occasioni. E se è vero che episodi dubbi non sono mancati, è altrettanto vero che il Milan non è nono per colpa degli arbitri.
Nel corso del campionato ci sono stati diversi episodi discutibili: rigori non concessi, sviste VAR, falli ignorati. Tutto documentato, tutto da evidenziare. Il dovere di cronaca impone di segnalare questi episodi - non per cercare alibi -, ma per completare il quadro di una stagione balorda e complessa.
Ridurre, tuttavia, il disastro sportivo del Milan alle sole decisioni arbitrali sarebbe una semplificazione fuorviante.
La nona posizione in classifica è lo specchio fedele di un fallimento tecnico e gestionale. Il Milan ha mostrato limiti evidenti in quasi tutti i reparti: un centrocampo fragile, una difesa vulnerabile, un attacco troppo dipendente dai colpi dei singoli. A ciò si aggiungono scelte tattiche discutibili e una gestione delle rotazioni spesso disfunzionale.
L’identità di gioco, che aveva reso i rossoneri competitivi nelle stagioni precedenti, è andata via via sgretolandosi. Tanti fattori interni ed esterni, certo, hanno inciso. Ma la sensazione è che siano mancati anche pianificazione, adattamento e lucidità nei momenti cruciali. Tutti elementi che prescindono dagli episodi arbitrali e che raccontano perché il Milan sia finito lontano dalla zona Champions League.
Per tornare competitivo, il Milan deve guardarsi dentro. Gli arbitraggi sfavorevoli vanno segnalati, ma non devono diventare l’unico argomento del dibattito. La stagione del Milan 2024/2025 deve essere letta nella sua interezza, con onestà intellettuale e senza sconti. E questa lettura dice che le colpe principali sono interne: nella gestione tecnica, nel mercato, nella comunicazione e nella tenuta psicologica del gruppo.
È da qui che occorre ripartire. Niente alibi, solo verità. Anche amara, ma necessaria per ricostruire. Il Milan ha le risorse, la storia e il seguito per tornare in alto. Ma il primo passo è riconoscere che il nono posto è frutto soprattutto di errori propri. E solo dopo, si potrà discutere del resto.
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