Il Milan affronta l’ennesima emergenza infortuni da Nazionale. I club chiedono più tutele economiche per i propri giocatori.
Come in ogni sosta per la nazionale che si rispetti, i club devono fare i conti con gli infortuni subiti dai propri giocatori durante le partite o, in alcuni casi, persino negli allenamenti con le rispettive selezioni. Una situazione ormai cronica, che colpisce puntualmente tutte le società, costrette ad assistere impotenti senza alcuna reale tutela.
Anche in questa pausa non sono mancati diversi casi. Il Milan, in particolare, deve fare i conti con gli acciacchi di Estupinan, Saelemaekers, Rabiot e, soprattutto, con la situazione più delicata di Pulisic. Tutti giocatori rientrati a Milanello non al meglio e a rischio assenza nelle prossime partite.
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Il caso “nazionale e infortuni”: una questione ancora irrisolta
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Si tratta di un argomento che da anni divide il mondo del calcio europeo e internazionale. Nonostante le promesse e le discussioni ai massimi livelli, una vera forma di tutela per i club non esiste ancora.
È vero che oggi, a differenza del passato, le società ricevono un rimborso pari allo stipendio del giocatore infortunato durante il periodo di inattività. Tuttavia, si tratta di una misura che copre solo parzialmente il danno subito, risultando di fatto una magra consolazione. Lo stipendio rappresenta sì una voce economica rilevante, ma è solo una minima parte del costo complessivo del calciatore. Il danno reale, infatti, risiede nell’impossibilità di utilizzare un asset, spesso valutato decine di milioni di euro, per un periodo indeterminato.
Prendiamo un esempio pratico per comprendere pienamente la questione. Un calciatore acquistato per 60 milioni di euro e legato da un contratto quinquennale comporta un ammortamento di 12 milioni a stagione. Ciò significa che ogni mese di inattività “costa” concretamente 1 milione di euro alla società. Ecco perché il tema non può limitarsi al semplice rimborso salariale: serve un sistema che tuteli anche il valore patrimoniale dei calciatori, non solo la componente salariale.
Il caso Neymar due anni dopo: una soluzione non è ancora stata trovata
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Si pensi al caso più eclatante degli ultimi anni: il gravissimo infortunio patito da Neymar il 17 ottobre 2023, in occasione di Uruguay-Brasile, quando il fuoriclasse verdeoro si ruppe legamento crociato e menisco. Un infortunio che lo costrinse a restare lontano dai campi per 340 giorni, tornando a giocare soltanto nel settembre dell’anno successivo.
Appena due mesi prima, il 15 agosto 2023, Neymar aveva lasciato il Paris Saint-Germain dopo sei stagioni in Francia, trasferendosi all’Al-Hilal per la cifra record di 90 milioni di euro, la più alta mai spesa nella Saudi Pro League. Il brasiliano firmò un contratto biennale, con un ammortamento a bilancio di 45 milioni a stagione.
Perdere la propria stella per un anno intero ha rappresentato per il club arabo un danno economico di proporzioni enormi, difficilmente compensabile con i soli risarcimenti previsti dalle normative FIFA. Il caso Neymar, in tal senso, è diventato il simbolo di un sistema che tutela troppo poco i club, pur essendo loro a sostenere gli investimenti e i rischi maggiori.
La possibile soluzione: rimborsi calcolati anche sull’ammortamento
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Una possibile proposta sarebbe quella di introdurre un meccanismo di risarcimento che includa, oltre agli stipendi, una quota proporzionale del costo di ammortamento del calciatore durante il periodo di inattività.
Resterebbe esclusa, per ovvie ragioni, la componente tecnica, cioè il danno sportivo derivante dall’assenza del giocatore, poiché difficilmente quantificabile e potenzialmente soggetta a interpretazioni. Ma almeno sul piano economico, una formula simile restituirebbe ai club un equilibrio più giusto e concreto, riconoscendo il loro ruolo di principali investitori e vittime indirette di un sistema che, allo stato attuale, li penalizza due volte: nel bilancio e in campo.
Il calcio globale non può più permettersi un paradosso simile: chi investe deve essere tutelato. Altrimenti si rischia un cortocircuito. Scongiurarlo è nell'interesse di tutte le parti.