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Il risultato è netto, storico, pesante per l'Inter: 5-0 in finale di Champions League, in uno stadio - l’Allianz Arena di Monaco di Baviera - che ieri sera ha fatto da cornice a una delle peggiori sconfitte mai vissute da una squadra italiana in Europa.
Ma mentre l’Inter fa i conti con un fallimento tecnico e mentale, il calcio italiano nel suo complesso ha il dovere di osservare chi ha vinto. Il Paris Saint-Germain ha dominato non per talento individuale - che certo non manca - ma perché ha saputo diventare finalmente una squadra. E proprio da questa trasformazione potrebbe prendere spunto anche il Milan.
Per anni, il PSG è stato sinonimo di progetto incompiuto: paillette e lustrini, troppi fuoriclasse e poca identità. Ma la versione vista in finale contro l’Inter è profondamente diversa (come del resto in gran parte della stagione 2024/2025). Organizzata, compatta, disciplinata, la squadra di Luis Enrique ha interpretato la partita con lucidità e forza collettiva. Un sistema prima degli interpreti, un progetto tecnico dove i ruoli sono funzionali, le gerarchie chiare, e ogni giocatore parte di un ingranaggio ben definito. Nessuna primadonna in rosa.
Il Milan, che insegue da un po' un ritorno stabile tra le grandi d'Italia prima e d’Europa poi, deve capire che non basta puntare sui talenti emergenti o sul carisma di nomi forti. La priorità deve diventare la costruzione di un’identità di squadra. Un progetto fondato su meccanismi chiari, continuità tecnica, integrazione tra reparto e reparto e lavoro duro sette giorni su sette.
Il PSG ha impiegato anni per abbandonare il culto dell’individualismo e sposare una logica collettiva. Il Milan ha oggi l’occasione di abbracciare subito questo approccio, evitando gli errori già pagati da altri.
La lezione subita dall’Inter a Monaco dimostra che nessuna squadra può reggere a certi livelli senza struttura, senza equilibrio tra strategia e spirito di gruppo. Il Milan, con la sua storia e le sue ambizioni, ha tutte le risorse per seguire questa direzione, ma servono scelte coerenti.
Non si tratta di imitare il PSG nei nomi, ma nel metodo. Mettere la squadra al centro non è uno slogan, è una necessità. Soprattutto per chi vuole competere davvero.
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