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Il Milan che vince il campionato nella stagione 2021-2022 ha due italiani fra i titolari, Davide Calabria e Sandro Tonali; il Milan che quest’anno, mestamente, arriva ottavo o nono, ha un italiano fra i titolari, ossia Matteo Gabbia. La differenza è minima. Non credo, onestamente, che esista un problema di nazionalità, bensì ritengo che esista un problema di leadership.
Ed il tema della leadership, colpevolmente, è stato molto sottovalutato negli ultimi anni in cui il Milan ha, via via, perso figure carismatiche di riferimento. Dal 2022 ad oggi il Milan infatti ha perduto tutti i trascinatori che erano presenti nello spogliatoio. Frank Kessie, Simon Kjaer, Olivier Giroud, Zlatan Ibrahimovic.
Quando escono giocatori così pesanti mentalmente, in grado di tirare e trascinare il gruppo, il problema si crea ed è inevitabile. I leader tecnici del gruppo, ovverosia i giocatori più forti sul piano del talento, quasi mai riescono anche ad essere i leader emotivi della squadra. Ibra, da questo punto di vista, è sempre stato una meravigliosa eccezione nel corso della sua carriera.
Uno degli aspetti maggiormente sottostimati dalla dirigenza rossonera è stato proprio questo: lasciare il gruppo senza alcune guide, sia morali, sia spirituali. Anche questa, a mio avviso, è una delle ragioni per le quali i tentativi di Paulo Fonseca prima e di Sergio Conceicao poi, non hanno funzionato. Manca in questo gruppo un giocatore con una leadership di riferimento.
Continuo a credere che il punto fondamentale non sia avere tanti giocatori di nazionalità italiana (ed in tal senso mi conforta il Milan scudettato di 3 anni fa), bensì cercare di avere alcuni elementi in rosa che siano capaci di trascinare il gruppo e di fungere da pila sempre accesa. Il tema della nazionalità è più un luogo comune che un argomento davvero pregnante. Al centro del villaggio va messo il tema della leadership.
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