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di Franco Ordine -
Sostiene Igli Tare, che ha una formazione calcistica tradizionale: “Non sono un fan dei dati e nemmeno dell’intelligenza artificiale”.
Di sicuro non sarebbe mai stato scelto da Comolli, neo ad Juventus, che invece si annoia con il calcio dei suoi tempi, va a caccia degli algoritmi e si assicura di entrare in una riunione con l’umiltà di essere il meno intelligente. In questo senso, aggiungendo alla cultura del DS quella di Max Allegri, si può dire senza che nessuno si scandalizzi che il Milan è tornato all’antico.
Ma quello che colpisce di Tare, uno che parla poco e se lo fa non è mai banale, è la capacità di scolpire la realtà. A proposito delle ambizioni tricolori la sua frase è un perfetto mix tra realtà e responsabilità. Dice: “Lavorando per il Milan non posso dire che non voglio vincere lo scudetto”. Ecco declinata, in modo intelligente, l’attualità: il Milan non è attrezzato per vincere lo scudetto (parere personale, ndr) ma non può dichiararsi insensibile a rincorrere un sogno.
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“Non sono un grande fan dei dati e dell’intelligenza artificiale, per me sono cose che aiutano ad avere una visione ancora più ampia, però là sensibilità nel capire caratteristiche e personalità dei giocatori non te la danno. Vanno usate nel modo giusto, alla lunga serve anche tanto altro: l’esperienza è fondamentale, serve una profonda conoscenza dei valori umani delle persone. Intuizione? Combacia con l’idea di creare un progetto, come il Milan, in cui abbiamo deciso di portare dei giocatori “anziani” come Modric che in realtà è il più giovane di tutti in campo”.
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