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A cura di Luigi Furini -
Nevio Scala (22 novembre 1947) dice di essere stato e di essere un contadino. E’ orgoglioso perchè la terra che coltiva, un tempo suo padre ce l’aveva in affitto e adesso, invece, l’ha comprata. Su nevioscala.it c’è una discreta collezione di rossi e bianchi, non il prosecco, per fortuna, che in Veneto ormai producono tutti ma non sempre con risultati apprezzabili.
Quando Nils Liedholm bussò alla porta di casa sua per portarlo al Milan. Il tempo di riempire la borsa e partire per Milanello. Poi la cessione alla Roma e il debutto in serie A nel 1966 con Oronzo Pugliese in panchina. Quindi il ritorno al Milan, dove a centrocampo, aveva davanti Benetti e Rivera. A seguire il Vicenza (“mi ero appena sposato e volevano che stessi più vicino a casa”), la Fiorentina, l’Inter… Quando smette, pensa subito ai campi e alle vigne, ma la Reggina lo chiama in panchina. Quindi la consacrazione al Parma dove vince la Coppa Italia contro la Juve, la Coppa delle Coppe contro l’Anversa, la Supercoppa Europea contro il Milan e la Coppa Uefa ancora contro la Juventus.
Però, nei suoi sette anni a Parma, succede di tutto. Succede che nell’inverno 1991 lo chiama il Real Madrid. “Non c’erano i telefonini – racconta - e un dirigente mi chiamò a casa. Gli risposi che prima avrei vinto con il Parma e dopo ci avrei pensato. Solo un matto poteva rispondere così ai blancos”. Ma quel Parma stava incantando in Italia e in Europa. Era un’isola felice. “Io e Bagnoli nel Genoa, in quegli anni, inventammo il 3-5-2, perché non si poteva giocare a zona con i quattro in linea. Era un modulo efficace, se è vero che lo usano ancora adesso”.
A Parma Nevio Scala ci lascia il cuore. “C’erano grandi giocatori, da Minotti ad Apolloni a Melli che era una testa calda, ma con un grande talento. Mi resta un rimpianto, quello di non essere andato a salutare il cavalier Calisto Tanzi. Non ne ho avuto il coraggio. Ho vissuto con grande tristezza il crac Parmalat. Tanzi ha sbagliato e ha pagato, ma credo che non fosse l’unico responsabile”.
Scala ricorda anche il periodo a Perugia (“ma non si poteva lavorare con uno come Gaucci”) e poi l’avventura con il Borussia che lo porta ad alzare la Coppa Intercontinentale a Tokio. Quindi in Turchia e in Ucraina. “Con lo Shaktar abbiamo vinto il primo scudetto della loro storia. Quella città, che ora vive sotto le bombe, mi è rimasta nel cuore”. Infine il passaggio a Mosca. “Una città bellissima, l’ho vissuta come turista. La società in quell’anno ha cambiato tre presidenti. Allora ho preso la via del ritorno, sono tornato su un trattore. Prima facevamo il vino biologico, ora siamo passati al naturale. Il vino Scala dipende solo dal cielo, dalla pioggia e dall’aria”. E il calcio? “Un tempo c’erano sentimenti e valori che, adesso, sono stati uccisi dal denaro”. Il campionato? “Mi piaceva l’Atalanta di Gasperini, vediamo cosa succede quest’anno. Ma adesso ho in mente solo il vino”.
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