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Non esiste soltanto il giocar bene o il giocar male nella valutazione di una squadra. Non si può prescindere dalle caratteristiche dei suoi interpreti. In tal senso va evidenziato come il Milan abbia una propensione naturale alla verticalità.
Quattro secondi o poco più. Si tratta del tempo tecnico con cui la palla è passata dal piede di Yunus Musah a quello di Rafael Leao nell’azione che ha portato al gol del 2-1 del Milan sul Como.
Non è un’azione banale. Si deve rivedere più volte per capire tante cose e per comprendere a fondo quella che è la vera natura del Milan.
Fondamentale il lavoro di Musah che, con coraggio, ma soprattutto con grande energia, si libera della doppia marcatura avversaria mettendosi nella condizione di poter scaricare in avanti.
Il giocatore americano vede il corridoio per servire Tammy Abraham che, nell’occasione, da fonte di giocata si trasforma in fonte di gioco.
In un secondo e mezzo l’attaccante inglese stoppa il pallone con il destro e predispone la coordinazione del corpo per una giocata verticale con lo stesso piede.
Abraham ha già visto, con la coda dell’occhio, lo scatto di Rafael Leao che sta attaccando la linea difensiva del Como fra Goldaniga e Dossena.
Nel momento in cui la palla di Abraham è partita, Leao ha già fatto gol perché nessun difensore della Serie A può giocarsi con lui una palla scoperta in uno contro uno.
Bravissimo Leao poi a mantenere lucidità e sangue freddo davanti al portiere che era uscito coi tempi giusti per chiudergli lo specchio della porta.
In questo gol, nei tempi tecnici che portano a questo gol, c’è tutta l’essenza del Milan, ossia una squadra con una propensione naturale alla verticalità.
La precondizione per averla con costanza è trovare agevolmente lo spazio. Solo giocando bassi e facendosi aggredire si può arrivare a questo risultato.
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