Lo scudetto del 1979 che dona al Milan la stella illude fortemente il tifo rossonero. Girato l'angolo e accolti gli anni Ottanta, subito dopo le gioie e i festeggiamenti si materializzano le pene dell'inferno. Nel campionato successivo il Diavolo compra il solo Chiodi in attacco, pensando di poter competere nuovamente per il titolo. Troppo poco per una squadra che, dopo vent'anni, perde il suo pezzo pregiato Gianni Rivera per sopraggiunti limiti anagrafici.
Il Diavolo si scopre piccolo
Gli anni d’oro del grande Milan! – 1980/1986 o l’inferno dell’età di mezzo
Il Milan e gli anni Ottanta: il disastro del totonero
—Il campionato tutto sommato termina con un terzo posto, ma il vero problema è il sistema di combine messo in piedi da chi non ama davvero i colori rossoneri e che coinvolge il Milan attraverso la corruzione di alcuni tesserati. Nel pomeriggio del 23 marzo 1980 a San Siro e in diversi stadi d'Italia carabinieri e guardia di finanza procedono ad alcuni arresti nell'ambito del totonero. Tre sono i milanisti coinvolti: il presidente Felice Colombo, il portiere Enrico Albertosi e il centrocampista Giorgio Morini.

Per la squadra è l'inizio di un incubo dal quale si solleverà solo sette anni dopo, nel 1986. La pena per la società è esemplare: retrocessione diretta in B. I rossoneri vincono il campionato cadetto e tornano in A, ma le disgrazie non vengono mai sole e così, dopo un anno, la zattera del Diavolo è travolta dalla corrente dello Stige e riprecipita nella serie cadetta. Questa volta con una retrocessione meritata sul campo. Il Milan, tuttavia, non perde il vizio di affermarsi in campo europeo, con la Mitropa Cup vinta nel 1983 contro il Vitkovice, compagine cecoslovacca. Il profumo d'Europa ha così ancora un certo fascino per la società milanese.
Anni Ottanta: il derby di Hatley, Collovati e il bidone Blisset
—Al secondo rientro dalla B, nella stagione 1983/84, il Milan mantiene, seppur attraverso una serie di tribolazioni, la massima Serie, disputando anche un buon campionato. Un anno dopo conclude addirittura al sesto posto. Ma i campioni girano alla larga dal Milan. Dal Portsmouth arriva Mark Hateley detto “Collo d’acciaio”, mentre dal Manchester United giunge il fosforo del centrocampo, il compianto Ray Wilkins. Il primo segna gol importanti, ma uno in particolare resta scolpito nella memoria di tutti i milanisti: lo stacco su Collovati e la gran rete sotto l'incrocio che lascia di stucco Walter Zenga e manda in delirio la curva sud nel corso del derby del 28 ottobre 1984.
Assieme a questi due buoni giocatori però, transita per Milanello una serie di meteore, nei migliori dei casi, o di bidoni, nel peggiore. Solo per citarne uno, il famigerato Luther Blissett dal Watford che si presenta con tutte le migliori credenziali del caso, ma si rivela poi un flop.

British footballer Luther Blissett, striker with AC Milan, posed with a ball on the pitch in Milan's San Siro stadium soon after signing for the club in June 1983, prior to the start of the 1983-4 Serie A season in Italy. (Photo by Paul Popper/Popperfoto via Getty Images)
Il pensiero corre rapido al marchiano errore commesso sotto porta in un derby giocato il 6 novembre 1983 e che manda su tutte le furie il tecnico Ilario Castagner. Il Milan è sotto fin dal ‘5 minuto del primo tempo per effetto dell’inzuccata in mischia di Collovati a trafiggere Piotti. Inutile il rinvio di Baresi. Si tratta del più classico dei gol dell'ex dal dente avvelenato. Fulvio Collovati, stopper campione del mondo con una lunga militanza alla corte del Diavolo, aveva vissuto un’estate all’insegna del chiacchiericcio e del malumore del tifo rossonero: il suo passaggio da una sponda all’altra del naviglio mentre l’Italia di Bearzot vinceva il Mondiale in terra iberica era stata la polemica conclusione di uno strappo col mondo Milan consumatosi nelle settimane della seconda, bruciante, retrocessione in B.
Gli anni Ottanta: il Milan è di Farina
—II presidente di quel Milan di fortuna è un personaggio sui generis, l'istrionico Giussy Farina che ha per hobby quello di acquisire le società di calcio. Farina ha idee particolarmente innovative per l'epoca, come la costruzione di uno stadio tutto per il Milan (San Siro è di proprietà comunale dal 1929) oppure l'intesa con diversi sponsor per incassare denaro contante, in quegli anni campeggiano sulle maglie rossonere sponsor del calibro di Hitachi, Pooh, Cuore, Fotorex U-Bix, Mondadori e Retequattro. Ma se realizzare la seconda idea è relativamente facile, centrare il primo obiettivo diviene impossibile, per una semplice ragione: per creare bisogna investire e per investire bisogna avere denaro e le casse del Milan non sono propriamente piene. Farina arriva addirittura ad affittare alcuni locali di Milanello quale location per matrimoni. Succede nel corso della stagione 1983/84 come riportato da Gazzetta:
“Ancora problemi tra il Milan e la gestione di Milanello. Ieri la comitiva rossonera è stata costretta a rivoluzionare il suo programma di lavoro poiché nessuno aveva avvertito Castagner che i locali del centro sportivo sarebbero stati occupati… dagli invitati ad un matrimonio”.
Farina vuole un inno e l'esordio di Maldini
—All’inizio della stagione 1984/85, il Milan si dota anche del suo primo storico inno su input di Farina. La scelta dell’autore è scontata ma sacrosanta allo stesso tempo: Enzo Jannacci, habitué di San Siro; suole infatti sedersi al secondo anello nell’angolo tra la curva e i distinti. Jannacci compone l’inno rossonero insieme a Riccardo Piferi e Maurizio Bassi. “Mi-Mi La-Lan” non è un inno trascinante come “Canto rossonero” di Umberto Smaila o orecchiabile come “Milan Milan” di Tony Renis ma è pur sempre una vera e propria canzone d’amore per la squadra e piace al pubblico del Meazza.

Gli anni Ottanta milanisti sono anni di formazione di calciatori di primissimo piano non ancora esplosi: Franco Baresi, Mauro Tassotti e Paolo Maldini, esordiente in prima squadra il primo maggio 1984 in un’amichevole contro l’Angherese, piegata 5-0 (doppiette di Damiani e Valori e gol di Carotti). Maldini, non ancora sedicenne, viene schierato dal tecnico Galbiati nella ripresa. Per il primo gettone del figlio d’arte in A bisognerà aspettare il 20 gennaio 1985 nel pareggio esterno (1-1) contro l’Udinese. Maldini esordisce allora sotto lo sguardo attento e bonario del barone Liedholm.
Le cose precipitano nuovamente quando la guardia di fınanza scopre un ammanco di 5 miliardi di IRPEF evasa nel 1985. Sembra di nuovo la fine del Diavolo ma dall'Inferno si intravede la luce del Paradiso...
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