Quando arrivi a Milano a gennaio non porti solo una valigia. Porti interrogativi, dossier e identikit fatti ad hoc per essere presentato a stampa e tifosi. Fikayo Tomori sbarca in una città che veste di rosso e nero come fosse un rito il 22 gennaio 2021. Un prestito dal Chelsea con diritto di riscatto, e quel primo passo che vuole rifuggire qualche sguardo di troppo. Entrare in punta di piedi, imparare nozioni in uno dei campionati tatticamente più impegnativi a livello mondiale, rimanere anonimo finché serve e, d'un tratto, non esserlo più al momento opportuno.
Quegli occhi spiritati che tanto ci piacciono
Tomori, storia di un amore per la maglia che va oltre le ironie social
Esordio di fuoco per Tomori, c'è il derby
—È quello stesso atteggiamento che ha permesso a Fikayo Tomori di trasformarsi, stagione dopo stagione, da provvisorio a imprescindibile. Nel suo primo pomeriggio milanese c’è il rumore di un derby. Una stracittadina di Coppa Italia, certo, ma non per questo foriera di minori tensioni, di maggiore tolleranza verso qualunque distrazione. Dopo un buon avvio dal punto di vista del ritmo e delle occasioni da parte di entrambe le formazioni, al diciassettesimo minuto Alexis Sanchez tenta la giocata superlativa: dal nulla il cileno si allunga la palla con un colpo di tacco e manda fuori giri Simon Kjaer. Il danese prova a rimediare ma finisce per travolgere in tackle l'avversario. L'ex Udinese si rialza, Kjaer, nel mentre ammonito da Valeri, rimane a terra acciaccato. I sanitari rossoneri, rivolgendosi alla panchina, fanno segno di fitta avvertita dal difensore milanista dopo lo scatto. E così, Tomori deve svestire il fratino.
Fikayo Tomori non solo si ritrova a esordisce in un derby, ma lo fa addirittura sostituendo Simon Kjær, colonna del Milan di quegli anni e prezioso non solo in marcatura ma anche in fase d'impostazione. L'inglese, tuttavia, non sembra suggestionato. La prossemica è rassicurante, la postura misurata, lo sguardo concentrato, ligio ai compiti annotati sulla lavagnetta tattica di Luciano Vulcano e Giacomo Murelli. Ad un minuto dal suo ingresso in campo, Tomori è già protagonista di un intervento falloso su Sanchez: protesta veementemente per il fischio del direttore di gara ma non si distrae.
L'andamento della partita, la rissa Lukaku - Ibra
—Quattro minuti dopo, l'ex Chelsea insieme al collega di reparto Romagnoli neutralizzano un sinistro violento di Lukaku con la sfera che vola oltre il montante della porta difesa da Tatarusanu. Non c'è alcun urlo di esultanza da parte dell'inglese che continua a essere impassibile, quasi algido e radicalmente diverso rispetto alla versione odierna di Tomori, ormai virale per la sua gestualità esasperata davanti a arbitri, avversari, compagni di squadra e tifosi. Un elemento così atipico per un uomo d'oltremanica.
Da bordocampo, Pioli e soci lo osservano, si guardano dritti negli occhi e con un cenno del capo comprendono di avere avuto tutti la stessa, montante, sensazione. Il muro difensivo ha trovato una nuova pietra. Non sarà un derby memorabile per il tifo rossonero. Dopo il vantaggio del Milan siglato dal solito sicario implacabile Zlatan Ibrahimovic, aggancio volante a disorientare Kolarov e conclusione chirurgica che sbatte sul palo ed entra in rete, il derby si fa nervoso e sdrucciolevole per il Milan. A fine primo tempo, dopo un contrasto tra Lukaku e Romagnoli, scatta la rissa verbale tra il centravanti belga e Ibra, accorso in aiuto del compagno nonché capitano. Valeri ammonisce entrambi, nonostante Romelu Lukaku, nel fitto scambio di contumelie assortite, mimi con le dita una pistola verso le tempie del gigante svedese, suo mentore quando i due condividevano lo spogliatoio al Manchester United.
Nel secondo tempo, dopo un altro ottimo intervento a liberare l'area di rigore rossonera da parte di Fik Tomori, Ibra viene espulso per sgambetto su Kolarov, la cui faccia soddisfatta mentre si rialza dice tutto riguardo al prosieguo della contesa. L'Inter con l'uomo in più prima la pareggia con un bolide di Lukaku su rigore e poi, negli ultimi minuti di recupero, Eriksen, fin lì autentico oggetto misterioso in casa nerazzurra, disegna su punizione dal limite dell'area una parabola imprendibile per Tatarusanu. L'avventura di Tomori, ad ogni modo, al Milan inizia male solo dal punto di vista del tabellino.
Tomori supera Romagnoli nelle gerarchie e si prende il Milan
Il 9 maggio 2021, l'apoteosi del primo sigillo con la maglia del Milan. Nella serata della prima storica vittoria rossonera all'Allianz Stadium, Tomori inchioda il risultato sullo 0-3 percorrendo la propria Stairway to Heaven. Su cross arcuato di Calhanoglu, Fik svetta su Chiellini e scaglia una saetta alle spalle di Szczesny. Riatterrato, si concede una scivolata sul manto sempre perfetto dello Stadium, prorompe in un urlo liberatorio trattenuto fin dal suo esordio quel giorno di gennaio e dà un bacio e una carezza sudata alla telecamera che fa capolino a bordocampo tra i tabelloni pubblicitari.
Fikayo quella sera non ha solo segnato una rete. Ha segnato una cesura: da allora non sarà più soltanto il ragazzo venuto dall’Inghilterra, ma il giocatore che ha contribuito a restituire al Milan un’idea di solidità. Quel colpo di testa non è solo un gol: è la firma sul certificato di appartenenza al mondo Milan, l'esatto momento in cui tutti i tifosi capiscono che la società lo riscatterà e Fik diverrà parte integrante della famiglia rossonera. Qualcuno, il giorno dopo, rimirando pensieroso l'istantanea che lo ritrae sovrastare Giorgio Chiellini e impattare di piena fronte la sfera, parlerà di passaggio di consegne, di nuovo che avanza, di Juventus da rifondare proprio partendo da calciatori come Fikayo Tomori, che, nel frattempo, scherza nel post partita su DAZN con Federica Zille pronunciando il suo nome completo in una clip presto divenuta uno dei momenti topici dell'esperienza milanista di Tomori.
Fik e il progetto Milan
—C’è una qualità che distingue i difensori che restano nella memoria dei tifosi: l’apparente semplicità. Tomori corre, anticipa, sceglie il tempo, e lo fa come chi sa che il gesto tecnico è più efficace quando non urla. Nel Milan delle stagioni successive, quello che esercita il riscatto e poi gli offre un contratto fino al 30 giugno 2027, Tomori diventa qualcosa di più di una torre sulle scacchiera a quadri rossi e neri: diventa un termine di paragone. Il club lo ufficializza a giugno 2021, e la firma non è vissuta come un mero atto amministrativo ma come la dichiarazione di un progetto che lo vede al centro.
I numeri, quando si misura la consistenza di un difensore, sono come le pagine di un diario: raccontano la continuità più delle emozioni di un singolo match. Tomori dal gennaio 2021 ha messo a referto col Milan in tutte le competizioni 191 presenze, con 7 gol e 5 assist, vincendo insieme a Pierre Kalulu uno scudetto da ministro della difesa. Cifre che non gridano alla leggenda, ma che parlano di una presenza costante nella storia recente del club. Non è un numero che sorprende: stupisce, semmai, la pazienza con cui si è costruito, perché la parabola di Fikayo Tomori non è senza ombre.
Ci sono giornate in cui la pressione, che a Milano pesa come piombo, lo ha costretto a sbagliare, a prendere cartellini, a perdere smalto. Ci sono state voci di mercato, corteggiamenti dalla Premier League e speculazioni che, come stormi di corvi sui campi di grano, provano a scompigliare le certezze, ad offuscare l'orizzonte e i cieli tersi. In questi momenti la sua risposta è stata spesso un gesto semplice: restare. Di fronte all’interesse di club inglesi, la scelta di rimanere non suona come rinuncia ma come volontà di continuare una storia ancora in fase di stesura.
La mimica, le "tomorate" e un rendimento in ripresa
—Guardandolo in campo si capisce una cosa: Tomori non aspira a essere il centro della scena, ma pretende che la scena non cada. E nel farlo ci mette tutto se stesso, con foga alle volte anche comica. È il tipo di giocatore che, quando la partita si accende e le telecamere cercano il colpo, si fa subito notare tra marcature perfette, pulizia del contrasto, palla portata via con mestiere o espressioni stizzite, alterate, "gallianesche" per certi versi e che lo avvicinano maggiormente al tifo. Certe partite, i derby o le sfide europee, gli hanno dato sia spazio per emergere e dimostrare che è un giocatore che va oltre il semplice atletismo sia portato a momenti bui, in cui è uscito dal campo con la maglietta a coprire il volto. Si tratta di frangenti, di istanti nei quali Fik ha commesso quegli inevitabili errori di cui una professione come quella del difensore, che vive di frazioni di secondo, è caratterizzata.
Il web, tuttavia, non perdona l'incertezza, proteso com'è a inseguire una perfezione che semplicemente non esiste. E, allora, un po' come accaduto a Sebastian Vettel ai tempi della Ferrari con il meme dello "sbin" ogni volta che la sua rossa finiva in testacoda, Tomori vede nascere la "tomorata", ossia l'errore marchiano, spesso dettato dalla tendenza di Fik a giocare troppo d'anticipo e uscire dai blocchi difensivi in modo scoordinato. Questo può far male e incrinare un rapporto, un sodalizio. Tra Vettel e il mondo della F1 le cose sono andate così.
Il ritratto di Fikayo Tomori
—Il legame con Milano, il Milan e i milanisti, tuttavia, non è mai stato scalfito dalle facili ironie social. Tomori qui ha trovato un’identità estetica e pratica: non più il ragazzo che doveva dimostrare, ma l’uomo chiamato a mantenere i suoi standard. Cammina per i corridoi di Milanello con la sicurezza di chi sa di essere parte di qualcosa che supera il contratto e questo è forse il vero nodo del suo racconto. In una città che celebra tanto la gloria quanto la fedeltà, il difensore inglese ha scelto la seconda: restare nel mezzo, nel centro, a proteggere quella tela su cui il successo si dipinge.
E allora, come chiudere questo ritratto? Quale pennellata finale imprimere a tutto ciò? Non si può certo concludere con un bilancio calcistico freddo né con un'ovazione fine a sé stessa, ma occorre soffermarsi invece con l’immagine che resta: Tomori, la sera, sotto le luci del Meazza, che torna in panchina con la maglia sudata, le vene del collo tese, lo sguardo che va oltre la prossima partita. La sua storia col Milan è fatta di minuti accumulati, di duelli vinti e persi, di scelte e di fedeltà. È una storia ancora aperta: potrebbe diventare un pilastro di in una stanza del museo di Casa Milan, oppure un volto sorridente, cortese che è passato da queste parti regalando a sé e ai tifosi una fibrillazione cardiaca insperata. Per ora Oluwafikayomi Oluwadamilola "Fikayo" Tomori è, semplicemente, un quadretto ben fatto e dai contorni delineati. Un ritratto che, una volta eseguito, vede il garzone di bottega ricevere la pacca sulla spalla del maestro, che già sa che cosa lo attenderà domani.
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