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+++LA CARRIERA DI ALLEGRI AL MILAN DAL 2010 AL 2014: OGGI È UN'ALTRA PAGINA+++
Un gioco di sguardi, un sussurro nel tunnel del Sant’Elia di Cagliari, una stretta di mano e forse anche una pacca sulla spalla:
“Un giorno verrai al Milan”
Adriano Galliani si rivolge così a Massimiliano Allegri, giovane tecnico degli isolani. Sembra un augurio gentile e invece è un'idea operativa che fa capolino. Allo storico AD milanista Max Allegri piace molto, eccome. I rossoblù giocano bene, divertono e Allegri, nonostante la giovane età, fa trasparire fin da subito grande eleganza. “Aveva il physique du rôle per la nostra panchina” - chioserà più di una volta Galliani. La proposta viene così sottoposta dall'amministratore delegato a Silvio Berlusconi che approva in fretta: gli basta un incontro ad Arcore il 22 maggio 2010, poche ore prima che l'Inter vinca la Champions a Madrid.
Le firme, tuttavia, vengono apposte quasi un mese dopo, al culmine di un lungo lavoro diplomatico con Massimo Cellino: il patron sardo, l'uomo che ha lanciato Max nel grande calcio dopo averne intuito le qualità al Sassuolo in Serie C, che lo ha difeso dopo quattro sconfitte di fila al debutto, che è stato ripagato dalla salvezza e l'ha confermato un anno ancora, dopo averlo cacciato a cinque giornate dalla fine del campionato, s'è infatti messo di traverso aggrappandosi al contratto. Finito il mandato di Giorgio Melis, Allegri è a tutti gli effetti l'allenatore del Cagliari. Cellino vorrebbe così tenerlo fermo un anno fino alla scadenza. L'intrigo si sblocca solo il 18 giugno, dopo una telefonata con Galliani: "Il presidente Cellino - spiega l'ad rossonero - ha acconsentito a liberare Allegri senza chiedere un soldo. Del resto i rapporti con il Cagliari sono sempre stati storicamente ottimi, diciamo che nell'ultimo periodo c'era stato solo un blackout". Max vola così in Sardegna e firma la rescissione.
L'ultima traccia di acredine è nel comunicato diffusa del club rossoblù:
"Nonostante l'amarezza e la delusione lasciataci dallo scarso coinvolgimento dimostrato dall'allenatore Massimiliano Allegri nel finale di campionato, a seguito della richiesta fatta dalla Società Milan, il Presidente Massimo Cellino ha deciso di liberarlo. Pur avendo il Milan dato la sua disponibilità, il Cagliari non ha richiesto alcun indennizzo economico, considerando l'impossibilità di quantificare il valore dei sentimenti".
Per l'allenatore è la grande occasione, sfruttata nel modo migliore. L'agile successo sul Lecce (4-0 doppietta di Pato, gol di Thiago Silva e Inzaghi) nella prima giornata di campionato diventa la prima pietra dello scudetto, restituito al Milan dopo sette anni. Il Milan lo conquista superando nei numeri persino l’ultima Inter di Mourinho ed eguagliando quelli della stagione 1993-94 sotto la guida di Fabio Capello. Il Milan infatti, subisce solo 6 gol nelle 17 giornate del girone di ritorno, di cui uno solo tra le mura amiche.
Una vera e propria cavalcata, in testa per sei mesi, ma non priva di sbandamenti e avversari alle volte capaci di mettere a dura prova il Diavolo: prima l’Inter di Leonardo, poi il Napoli di Mazzarri, nel rush finale addirittura entrambe. Il trionfo viene, tuttavia, confezionato proprio negli scontri diretti: 4 vittorie su 4.
Uno scudetto arrivato grazie ad un rinnovato protagonismo del Milan sul mercato dopo anni di
rubinetti chiusi. Dopo l’ingaggio del portiere Marco Amelia, dei difensori Sokratis Papastathopoulos e Mario Yepes, Galliani regala al tifo milanista nella seconda metà di agosto l’emergente Kevin Prince Boateng prelevato dal Portsmouth, il fuoriclasse nonché ex nerazzurro in cerca di riscatto Zlatan Ibrahimovic dal Barcellona e Robinho dal Manchester City.
Prezioso alleato di Galliani è il manager Mino Raiola, che a gennaio porterà a Milanello anche il tuttofare Urby Emanuelson dall’Ajax, Van Bommel dal Bayern Monaco e lo spagnolo Didac Vila, insieme con Nicola Legrottaglie e soprattutto Antonio Cassano, in rotta con la Sampdoria di Garrone. A lasciare il Milan sono gli svincolati Dida e Favalli, i giocatori a fine prestito Beckham e Mancini e, proprio sul gong del mercato estivo, Marco Borriello, Klaas Jan Huntelaar e Kakhaber Kaladze.
Allegri è protagonista di una rivoluzione silenziosa nella filosofia del club: nel gennaio 2011 viene ceduto addirittura Ronaldinho dopo una progressiva emarginazione nelle gerarchie della rosa. Il livornese reinventa un Milan che dopo l’apoteosi del 2007 appariva sempre più pavone e lezioso e a digiuno di titoli nazionali da sette anni. A Milanello inizia a impiantarsi così il seme di un calcio più muscolare. Il centrocampo titolare prevede Gattuso, Ambrosini e Flamini ai quali si aggiungerà da gennaio Van Bommel: anche Seedorf finisce in panchina, salvo un finale di stagione di puro orgoglio e nel quale si rivelerà decisivo. La nota stonata è la terza eliminazione consecutiva agli ottavi di Champions League, questa volta per mano del Tottenham che sfrutta lo 0-1 di San Siro e si fa bastare lo 0-0 barricadiero del ritorno.
La protezione difensiva è in cima al disegno tattico dell’ex allenatore cagliaritano: si esaltano così Abbiati tra i pali, Nesta e Thiago Silva. Si consacra dopo tanta gavetta sui campi delle serie minori Ignazio Abate, viene impiegato con continuità Luca Antonini a discapito di Marek Jankulovski e Zambrotta concede al pubblico di San Siro l’ultima grande stagione della sua carriera. Ambrosini è leonino, ma si ferma due volte per lunghi periodi rientrando nel finale, insieme con Pirlo. In attacco i gol di Pato, Ibra e Robinho - che insieme con Boateng sono i simboli della nuova squadra campione d’Italia - risultano equamente distribuiti, quattordici sigilli a testa. Anche Cassano, Strasser, autore del gol vittoria a Cagliari proprio su imbeccata del primo, Merkel e Inzaghi, almeno fino al brusco stop di novembre, danno il loro contributo.
Nel finale, quando Inter e Napoli si rifanno minacciosamente sotto, la capolista vince partite delicatissime a Firenze (1-2, reti di Seedorf e Pato) e a Brescia (0-1, rete di Robinho), chiudendo definitivamente la contesa con un filotto di 5 vittorie consecutive. Il Milan conquista il titolo con due giornate di anticipo, seppellendo così la delusione oltre che per la prematura eliminazione dalla Champions anche per il mancato raggiungimento della Coppa Italia (in semifinale 2-2 e 2-1 dal Palermo). Il Milan diventa così maggiorenne e festeggia al meglio i 25 anni di presidenza di Silvio Berlusconi.
Allegri rimane a secco di titoli anche il terzo anno, quando però risente delle cessioni dei big Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva e dell'addio dei senatori Pippo Inzaghi, Rino Gattuso, Clarence Seedorf, Alessandro Nesta, Gianluca Zambrotta e Mark Van Bommel. Parte male in campionato, ma nel girone di ritorno scala la classifica fino al terzo posto, conquistato con una rimonta al cardiopalma ai danni della Fiorentina e reso possibile dalle reti di Mario Balotelli, ingaggiato dal Manchester City a gennaio.
La Champions sfuma invece agli ottavi, ancora una volta per mano del Barcellona. Un'eliminazione crudele, dopo i sogni accesi da una notte perfetta, con i blaugrana battuti 2-0 a San Siro, reti Muntari e Boateng, ma vittoriosi al Camp Nou per 4-0. Sembra il capolinea di Allegri, la Roma è a un passo, invece, a sorpresa, resta in sella. Decisivo un vertice notturno ad Arcore tra il tecnico, Galliani e Berlusconi. I tre discutono, rivisitano e analizzano la stagione conclusa, ai microfoni affermano di essersi chiariti su certi aspetti. Ciascuno viene messo innanzi ai propri diritti e ai propri doveri. Vengono anche tracciate le linee guida del prossimo mercato che dovrà tener conto dell’impegno agostano dei preliminari di Champions League contro il PSV. “Il rapporto con l'allenatore che non si è mai interrotto, continua con fiducia e in assoluta e reciproca stima” taglia corto il comunicato del Milan.
Ma undici anni, cinque scudetti, cinque Coppe Italia e tre Supercoppe italiane dopo le porte di Milanello stanno per dischiudersi ancora una volta innanzi all’allenatore livornese.
Questa, però, è un’altra storia.
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