DAL FASO TUTO MI A FIRENZE...

Quando il Paròn del Milan allenava la Viola e voleva mettere il bomber a marcare Bettega…

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Buticchi, la Fiorentina e poi il crepuscolo rossonero
Redazione Milanistichannel

di Germano Bovolenta per la Gazzetta dello Sport -

Nel 1974-75 Nereo allenò la Fiorentina: ottavo posto e un forte legame con i giocatori, A Firenze lo adoravano, ma lui sembrava "in esilio". Esilio dorato, ma sempre esilio. Abituato a Milano, ai "suoi" giocatori, al "suo" pubblico, al "suo" ristorante dove far tardi con i soliti amici, il Paròn si trova smarrito. Racconterà: "Eppure Firenze è bella, bellissima. Forse sono io che son vecio e balordo...". La Fiorentina veniva da una grande annata con Gigi Radice, tecnico giovane e moderno (e allievo del Paròn al Milan), eppure Nereo Rocco all'inizio conquista tutti. Moreno Roggi ha 20 anni, un emergente, lo ricorderà sempre con grande affetto: "Eravamo in ritiro a Massa Marittima. La sera cena leggera, perché si era tutti in sovrappeso e il medico ci aveva messo a dieta. Alle dieci e mezzo, saliamo in camera e abbiamo una fame, ma una fame... Cenno d'intesa tra me, Antognoni e Caso, usciamo dalla porta posteriore e andiamo giù in paese. Era estate, c'era un banchetto per i turisti, ordiniamo panini con la porchetta, due a testa. Sono al primo boccone quando mi sento toccare sulla spalla: "Tutto bene? Buon appetito". Era Rocco. Ci guardiamo in faccia tutti e tre, non so dire chi fosse più spaventato. Lui ci squadrò ben bene e poi disse: "Da come che magné, deve esser bon". Andò alla cassa, ordinò un altro panino e si mise a divorarlo con noi. Da quel momento in poi non fu più il nostro allenatore: era un amico, un complice, era uno che ci poteva chiedere qualsiasi cosa. Potevamo non voler bene a uomo così? Era Nereo Rocco".

Trieste, casa Rio del Re. Venerdì 14 febbraio 1974

Un postino suona il campanello. Apre il padrone di casa, Nereo Rocco. «Un espresso, Paròn». "Fammi vedere". Rocco apre la busta, poi si tocca serio la pappagorgia. "Ah, i me ga licenziado". La lettera, intestata AC Milan, è firmata dal presidente Albino Buticchi. Il Paròn torna in casa, si versa un bicchiere di "refosco" e poi dice alla siora Maria, la moglie: «Massi, alla fine sono contento. Buticchi xe un fasso toto mi, il segretario, il ragioniere, il direttore sportivo, il magazziniere, l'osservatore. Non si può lavorare con uno così. Ogni parola che si diceva era una baruffa. Poi i risultati, un anno brutto, dopo la maledissione di Verona.

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(Photo by Evening Standard/Hulton Archive/Getty Images)

Pochi giorni dopo squilla il telefono, sono quelli della Fiorentina, il presidente Ugolino Ugolini in persona. Rocco ascolta, risponde "in italiano" e sembra convinto. Mimica serena, si liscia il suo bel mento. Sì, dai, insomma, bene, si può fare. La siora Maria lo guarda con ansia: "E allora? Cosa ti hanno detto?". "Maria, mi danno cinquanta milioni". E la moglie: "E cosa aspetti? Vai". Parte con i figli Bruno e Tito, appuntamento con Ugolini in una trattoria a Firenze, contratto firmato. Fiorentina 1974-75. Una buona squadra con buone prospettive. Ci sono Superchi, Merlo, Guerini, Galdiolo, Caso, il Paròn viola regala umanità e discreti risultati. A mezzogiorno si ferma a pranzo allo stadio, con gli operaie gli inservienti; finito di mangiare, si infila nel loro sgabuzzino e non ti dico le sfide a tressette e a ciapanò. Il campionato non è esaltante, però contro il "suo" Milan due pareggi, due 1-1. La squadra si sistema a metà classifica, qualche polemica. Anche con i giocatori, soprattutto con l'attaccante Walter Speggiorin. Penultima giornata, è in arrivo la Juventus. Il difensore Galdiolo è squalificato, le riserve infortunate. La Fiorentina a metà settimana gioca a Pontassieve, Rocco pensa a come marcare il più forte, Bettega, e sul pullman chiama Speggiorin e gli dice: "Oggi fai lo stopper. Se va ben, domenica te marchi Bettega". Speggiorin la prende male e se ne va, senza nemmeno giocare l'amichevole. La sera stessa telefona all'avvocato Campana, presidente dell'associazione calciatori, e gli chiede un intervento sindacale: un attaccante del suo calibro non può essere costretto a fare il difensore. Sergio Campana chiama Rocco e gli dice di non preoccuparsi "perché è una decisione tecnica e come tale non lesiva della professionalità del giocatore". Contro la Juve di Causio, Capello, Anastasi e Bettega Speggiorin non gioca, né in attacco né in difesa: la Fiorentina travolge (4-1) i bianconeri già campioni d'Italia. Rocco racconterà amaro: "Io posso prendere un terzino e metterlo all'ala senza che nessuno dica niente. Ma se prendo un'ala e gli chiedo, per una volta, per un'emergenza, di fare il terzino, ne devo render conto al sindacato? Ma andé in mona tuti quanti". Il crepuscolo Nereo Rocco lascia Firenze e torna a Milano, dal Gianni, dall'Ottavio all'Assassino, da Nicolò Carosio. Dai suoi vecchi amici. Torna nel suo Milan da direttore tecnico, con allenatori (Giagnoni, Trapattoni, Barison) e presidenti (Buticchi, Pardi, Duina) a rotazione. Molta confusione, non sarà più come prima. Capisce che il crepuscolo è vicino e che la sua lunga avventura nel mondo del pallone è finita. É richiamato, da Rivera ormai padrone del Milan, per sostituire a metà stagione Pippo Marchioro. Ma non è più il suo mondo.

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