RAFA E LA SUA FAMIGLIA

Rafael Leao: “Mi criticano molto, ma io amo troppo il calcio…”

Leao
Leao intervistato da Icon Magazine. La conversazione inizia così: Rafa, era l’1 agosto 2019 quando sei arrivato al Milan. Sei sempre molto giovane ma ormai sei un veterano rossonero...

Rafael Leao a Icon Magazine: "Sono arrivato che avevo vent’anni, mi sentivo un ragazzino. Ora, invece, sono diventato un uomo: il club, con tutto il suo staff, dai compagni di squadra ai dirigenti, mi ha fatto crescere. Tutti i giorni, stagione dopo stagione, mi hanno dato e insegnato tanto. Devo ringraziare tutti quelli che sono stati al mio fianco in questi anni al Milan: ognuno è stato importante per la mia crescita". Sei un calciatore molto amato ma, visto il tuo grande talento, a volte sei soggetto a critiche. C’è chi ti rimprovera di non riuscire ad esprimere tutte le potenzialità enormi che hai. Non deve essere facile reggere le pressioni… "Solitamente non leggo le critiche. Se te le fanno è perché sei bravo in quello che fai e ci si aspetta tanto da te. Comunque non sento la pressione perché adoro il calcio, è la cosa più bella che c’è per me. Sono nato giocando a calcio; ogni volta che entro in campo cerco di sfruttare al massimo la possibilità di fare ciò che più amo. Ovviamente è anche un lavoro, che affronto sempre con responsabilità, ma anche con la voglia di divertirmi con i miei compagni e di sfruttare l’occasione".

Delle tante partite disputate, qual è quella che porti più nel cuore?

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"Tra quelle con la Nazionale, la partita contro il Ghana, a Qatar 2022, quando ho fatto il mio debutto in una competizione mondiale (con tanto di gol, il primo con la maglia del Portogallo, ndr). Con il Milan la partita contro il Sassuolo fuori casa, l’ultima di campionato, maggio 2022, che ci ha poi regalato lo scudetto".

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"Metto tutto da parte e dribblo"

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Il dribbling è il tuo pezzo forte. Ed è libertà, fantasia, potenza, velocità… È qualcosa che rappresenta la tua personalità? "Il dribbling è forse proprio il simbolo della mia serenità in campo: la gente parla, c’è pressione, ma io quando sono sul rettangolo di gioco riesco a mettere da parte tutto. Scatta una sfida con me stesso. Il mio obiettivo: cercare di fare sempre meglio".

Chi è stato il tuo plus one, cioè il supporto e lo stimolo fondamentale dietro il tuo successo? "La mia famiglia. E anche le persone del mio quartiere ad Almada, la città dove sono nato. Al Bairro da Jamaica c’erano tanti ragazzini come me che avevano talento, però non hanno avuto successo, forse perché non avevano un padre, una mamma o uno zio che li poteva portare sulla strada giusta. Io sono arrivato fin qui anche per loro che non ce l’hanno fatta. L’ho fatto anche per loro. E voglio continuare a fare grandi cose. E poi sono un “plus one” anche i bambini. Incontrare piccoli tifosi che mi dicono “sei il mio idolo” mi dà forza. Voglio far veder loro che giocare a calcio deve essere una gioia e l’occasione per mettere da parte i problemi".