Quello che sconvolge di questo periodo rossonero è la quantità di veleno da parte dei tifosi; un veleno difficile da comprendere per me che non ho sentimenti di disprezzo verso alcuno, nemmeno verso i rivali sportivi. Il veleno sta surclassando quello che non deve mai mancare, il primo dovere fondamentale degli innamorati rossoneri, ossia l'amore per il Milan. Qualche anno fa un professore mi ha insegnato un concetto che tengo sempre a mente. Sono più importanti le idee degli uomini. Questo significa che nella vita si possono fare grandi battaglie per sostenere i propri principi e le proprie passioni, ma non ha alcun senso fare battaglie contro le persone.
Il dovere di amare il Milan
Non esiste il diritto alla vittoria: esiste il dovere di amare il Milan
Penso che il Milan ed i suoi dirigenti, abbiano sbagliato molte cose quest’anno. E l’ho sempre detto, da mesi, con educazione, ma senza mai rinunciare al rispetto verso chi lavora. Non penso invece che chi gestisce il Milan in questo momento sia il male assoluto. Credo che sugli errori si possa costruire e che gli unici infallibili nella vita siano coloro che rimangono con le mani candide e la bocca sempre aperta. Chi opera sbaglia, chi parla non sbaglia mai.
Ritengo, altresì, che in questi anni il Milan abbia costruito tanto, passando dall’ottantesimo al ventesimo posto nel ranking UEFA, portando i ricavi sopra i 400 milioni di euro annui (partendo da cifre ben al di sotto dei 200 milioni di euro annui). Nel mentre abbiamo vinto un campionato ed abbiamo conquistato due secondi posti ed una semifinale di Champions League. Si poteva fare meglio? Magari si. Dire però che tutto è marcio significa ignorare la realtà.
L'appartenenza come valore e il dovere dell'amore per il Milan
—Sostenere che conta solo vincere significa non aver colto davvero che cos’è il Milan. Questo club ha vissuto grandi gioie e profondi dolori nei suoi 125 anni di storia. E di questa storia, noi milanisti, abbiamo il dovere di comprendere tutto, anche gli anni più bui. Nel dicembre del 1989, dopo la vittoria della Coppa dei Campioni contro lo Steaua Bucarest, il presidente Silvio Berlusconi, nella sua celebre lettera al papà, volle ricordare “il Milan dei Puricelli e dei Carapellese, dei Tosolin e dei Gimona, che non era riuscito a vincere niente di importante”. Ecco in quella citazione c’è il senso più autentico del Milan ed io credo anche il senso più vero dello sport.
Non esiste soltanto la vittoria. La vittoria quando c’è va festeggiata ed assaporata pienamente. Ma non è la vittoria che deve dare senso al rapporto fra i tifosi ed il club. Il senso vero di questo rapporto sta nell’appartenenza, nell’amore, nel piacere e nell'orgoglio di sentirsi rossoneri. Non esiste un diritto alla vittoria nel calcio. Esiste invece un dovere all’amore per il proprio club, un amore che prescinde dai presidenti, dai dirigenti, dagli allenatori e dai giocatori.
L’appartenenza è un valore ancestrale, che conserva tratti fanciulleschi. L’augurio che faccio al mio Milan e ai suoi tifosi non è quello di vincere qualcosa, ma di riscoprire il significato vero dell’amore per questi colori. Oltre tutto ed oltre tutti.
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