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Roberto Donadoni: “10 anni di Atalanta, poi il Milan e il mio presidente…”

Roberto Donadoni racconta il suo dribbling infinito con il pallone incollato ai piedi, tra Atalanta. Milan e...

Intervista di Antonello Sette per Il Foglio -

Roberto Donadoni: "Ho corso tanto nella mia vita, ma sono fermamente convinto di non aver fatto neppure la metà della sua fatica. Lui lavorava notte e giorno e a farmi da tutor è stato sin da allora Giorgio, il mio fratello maggiore. Anche il campo di Bergamo era un vero disastro. Ricordo le carriole con cui trasportavamo la terra e la sabbia per coprire le buche. All'Atalanta sono rimasto, fra giovanili e prima squadra, sino a quando, dieci anni dopo, non mi acquistò il Milan, la squadra per cui avevo sempre tifato, sin da bambino. Sono stato il primo acquisto in assoluto di Silvio Berlusconi, il presidente che avrebbe accompagnato gli anni d'oro del Milan e della mia carriera".

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"Sono orgoglioso si quel giudizio, ma così forte non mi sono mai sentito. Al Milan Arrigo Sacchi ha portato una mentalità nuova. Ha fatto capire a tutti che cosa significasse essere non solo calciatori di talento, ma anche uomini di spessore umano. Era il suo credo, il suo Karma cui è rimasto sempre fedele. È stato quella la differenza che ha fatto di quella squadra un'armata quasi invincibile. Fabio Capello aveva alle spalle una storia completamente diversa. Era stato un grande calciatore e sapeva perfettamente quali fossero le dinamiche interne a uno spogliatoio pieno zeppo di campioni. Si è portato dietro l'eredità di Sacchi, aggiungendovi molto di suo. Anche a lui devo tanto, a partire naturalmente dalla memorabile Coppa dei Campioni, vinta nel 1994".

Lei ha parlato al telefono con Silvio Berlusconi una settimana prima della sua morte... "L'avevo chiamato dopo che era tornato dal San Raffaele. Avevo parlato con la sua segretaria e gli avevo lasciato detto che volevo solo salutarlo. Il giorno dopo mi ha richiamato, con la voce stanca e parole di stima e di affetto che mi hanno fatto venire un groppo in gola. Mi ha detto che era contento che mi fossi ricordato del suo presidente e che avrebbe fatto tutto il possibile per farmi tornare da lì a poco ad allenare. Stava per morire e pensava alla mia panchina. Vede, il politico Berlusconi è stato molto amato e altrettanto odiato, ma è stato il presidente che i tifosi di tutte le squadre avrebbero voluto avere. Unico e inimitabile. Il presidente. Il mio presidente. Per sempre".