- Di Andrea Bosco
editoriale milan
Rotterdam come Zagabria: il Milan non vuol saperne di maturare
Nessuno pretendeva un roboante 3-0 sotto la pioggia del De Kuip, né una qualificazione già ipotecata all’andata. Ciò che tutti i tifosi chiedevano era un Milan attento e concentrato; un Milan che non snobbasse l’impegno, che volesse a tutti i costi riscattare la brutta prestazione contro la Dinamo Zagabria di Fabio Cannavaro.

Rotterdam-Zagabria, due città diversa per il Milan, ma stesso copione
—E invece, da Rotterdam a Zagabria, il copione è rimasto immutato. Contro il Feyenoord è mancato tutto: l’intensità, la voglia, lo spirito di sacrificio, la motivazione. Ancora una volta i rossoneri hanno approcciato alla gara molli e senza grinta, merito anche del grande lavoro svolto dagli olandesi sia difensivamente che nella gestione del pallone. Eppure si trattava di un impegno importante, dove in palio ci sono gli ottavi di finale, obiettivo minimo del diavolo sia a livello economico che sportivo. Ma alla squadra sembra non interessare.

Cercasi continuità
—E’ paradossale come, nonostante siano passati tanti mesi, ci ritroviamo a rimproverare ai giocatori sempre le stesse cose. Dopo Madrid, dopo la Supercoppa, dopo Zagabria e, adesso, dopo Rotterdam. Un Milan che non vuol saperne di maturare, di imparare la lezione, di non ripetere gli stessi sciocchi errori. Al netto dell’enorme qualità presente, basterebbe davvero poco per ottenere dei risultati e alzare l’asticella. Ma la continuità, quest’anno, non ha messo radici dalle parti di Milanello.

Milan, Conceicao e il frigo vuoto
—L’alibi dell’allenatore non esiste più: i calciatori devono assumersi le loro responsabilità non più a parole, ma nei fatti. Sergio Conceicao, così come Fonseca precedentemente, ce la sta mettendo tutta per migliorare la situazione, inculcare i principi fondamentali di chi rappresenta il Milan. Ma sembra non bastare. Vedere il mister affranto – come rassegnato – seduto sul frigorifero delle bibite, è stato emblematico. Proprio lui che parlò di frigo vuoto, riferendosi alla poca fame.

Come uscire da questo tunnel?
—C’è una sola strada per uscire da questa altalena di risultati: considerare ogni sfida, anche la più banale, come una finale, come uno spartiacque da dentro o fuori. E seguire l’esempio di Pavlovic che, anche nelle difficoltà, non si dà mai per vinto. Né dopo un gol, né dopo un torto arbitrale. Rotterdam dev’essere l’ultima tappa di questa discontinuità tanto penalizzante quanto assurda. Martedì, San Siro merita e sì, questa volta pretende, una prestazione di tutt’altro livello.
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