di Andrea Bosco -
PIU' ORDINE, PIU' FAMIGLIA
I tifosi svuotati, chiedono al Milan solo un pò di normalità

Il tifoso milanista si sente svuotato. Svuotato di ogni sentimento, di ogni speranza, di quel briciolo di ambizione che ha caratterizzato ogni finale di stagione. Chi da sempre guarda con ottimismo all'anno che verrà convinto di poter fare meglio, rimediare agli errori commessi. Quest'anno, invece, quell'ottimismo è lontano. In queste ore, e più approfonditamente in queste settimane, il tifoso rossonero ha pensato e pensa a ciò che sarà la prossima stagione. E si vedono davvero pochi spiragli di luce. Sì, il nuovo allenatore, sì il nuovo ds (sempre che decidano di nominarne uno), ma nessuno può compiere miracoli se a cambiare non sarà la mentalità della società.
Una confusione tangibile
—Quello che si è visto ieri in campo è lo specchio del Milan di questi due anni: un Milan da vorrei ma non voglio, un Milan incapace a decidere quando e come giocare, un Milan senz'anima, senza gioco, senza identità, figlio di una confusione societaria ormai visibile ad occhio nudo. Perché prima tutto quello che si diceva nei confronti della proprietà era dettato da congetture, pregiudizi e diffidenza: oggi sono i risultati e la classifica a parlare. Oggi a parlare sono le contraddizioni tra una dichiarazione e l'altra, i silenzi, le mancate prese di posizione, il voler a tutti i costi confermare pubblicamente un allenatore quando è intuibile che verrà messo alla porta.
Parole e smentite
—Questo Milan, nel corso degli ultimi due anni, non è riuscito a costruirsi e garantirsi una credibilità. Giocatori che sui social giurano amore e professionalità, smentiti dal campo. Dirigenti che davanti alla stampa giurano ambizione e competitività, smentiti dalla scelte. Il tifoso rossonero può e deve accettare una sconfitta: ciò che non può e deve accettare è questo alone indiretto di mediocrità che puntualmente fuoriesce ed inquina ogni cosa. Mediocrità che ci ha permesso di vantarci addirittura delle rimonte ottenute, spacciandole per grande carattere. Sbottoniamoci e allontaniamo ogni ipocrisia, parliamo e analizziamo con sincerità la situazione: quest'anno non ha funzionato niente. È da quel cooling break beatamente ignorato da tutti che avremmo dovuto capire quale sarebbe stato il trend. Invece abbiamo nascosto la testa sotto la sabbia e ci siamo accodati a Giorgio Furlani, che l'ha considerato un non-evento.
Tutti responsabili, ma…
—Con rispetto e in modo pacifico ho sempre definito tutti responsabili, perché quando una barca affonda – e il Milan è affondato da un pezzo – la colpa è di tutti, nessuno escluso. Ma se gli allenatori non hanno reso nonostante le loro idee, se diversi calciatori litigano col pallone (Leao su tutti), altri hanno iniziato ad impegnarsi ad Aprile (Theo), significa che non c'è stata coesione, serenità, organizzazione e spirito familiare. E chi deve trasmettere tutto questo? Chi ha le chiavi per aprire queste qualità e nutrirle nel tempo? La società.
E’ tempo di riflessioni
—Prima di prendere il nuovo ds, prima di scegliere il nuovo allenatore, i tifosi chiedono umilmente a dirigenti e proprietari (ieri, a Roma, c'era Singer e non Cardinale) di riflettere bene sulle proprie responsabilità e di capire se sono in grado di dare al popolo rossonero ciò che pretendono e a cui sono stati abituati. Non si chiede la testa di nessuno, ma un esame di coscienza e il desiderio di affidarsi ad esperti che possano suggerire delle strategie vincenti. Portare qualche altro milanista come Franco Baresi nell’organigramma, riportare ordine ed equilibrio. Si chiede soltanto una società normale, cosa che, ad oggi, tra confusione generale e figure fuori posto, il Milan non è.
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