La strada per tornare competitivi passa da un’analisi onesta e completa. E da una dirigenza che sappia mettere ordine, in campo e fuori.
Il calcio è uno sport crudele, perché raramente lascia spazio a sfumature. Quando una stagione delude, la tentazione è quella di cercare un colpevole unico, un capro espiatorio che semplifichi il racconto. Ma la realtà, come spesso accade, è più complessa. Il Milan che si avvia a chiudere questa stagione si porta dietro un bagaglio di errori tecnici, limiti tattici e momenti in cui, oggettivamente, gli episodi arbitrali hanno inciso.
Zero scuse, ma...
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Non è un alibi, né una scorciatoia: è un dato di fatto. In partite come Milan-Torino, Parma-Milan, Cagliari-Milan, Atalanta-Milan, Milan-Genoa, solo per citarne alcune, si sono registrati episodi discutibili o apertamente sbagliati, che hanno avuto conseguenze concrete sui risultati. Lo stesso vale per scontri diretti cruciali come Milan-Roma, Milan-Inter o Milan-Lazio: in certi momenti la direzione arbitrale ha lasciato più di un dubbio, alimentando la frustrazione di una tifoseria già scossa da prestazioni spesso sotto il livello atteso.
Ma fermarsi solo qui sarebbe disonesto. Il Milan ha anche e soprattutto fallito per colpe proprie. L'instabilità tattica, i cambi di modulo mal assimilati, la gestione dei cambi poco lucida e una rosa talvolta spremuta senza alternative hanno contribuito in modo decisivo al rendimento altalenante. In troppe partite i rossoneri sono sembrati slegati, lenti, privi di quella fame che serve per fare la differenza in un campionato competitivo.
Milan, serve un'analisi onesta e completa
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Ecco allora che la verità si compone di più elementi. Gli arbitri hanno sbagliato, sì, ma non sono l’unico motivo di una stagione deludente. Usarli come scusa sarebbe comodo, ma riduttivo. Ignorarli completamente, però, sarebbe altrettanto ipocrita. Il Milan paga una stagione in cui si è ritrovato spesso vittima dei suoi limiti e, in certi momenti, anche di decisioni discutibili che ne hanno condizionato il cammino.