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Il rischio era quello della partita cerebrale, passata più a metabolizzare il nuovo modulo e i nuovi meccanismi, più che a giocarsela affrontando un avversario di per sè fisico, complesso e colloso. E invece è scoccata la scintilla di un Milan possibile, sostenibile e compatibile. L'atteggiamento non è stato quello giusto perchè, per dirla con un luogo comune delle discussioni sportive "finalmente si sono impegnati". No, è semplicemente successo che si sono trovati e sentiti bene in campo, tutti vicini sia per aiutarsi che per colpire, sia per contenere che per rifinire. Non so se conquisteremo il mondo giocando così, ma almeno facciamo prestazioni normali e di sostanza.
E' già accaduto altre volte in questa stagione che abbiamo pensato di aver trovato l'assetto giusto, a settembre con Morata sotto Abraham oppure a novembre con Musah ala destra difensiva. Ma erano più accrocchi legati ai singoli, che sistemi di squadra valiti per tutti. A Udine, su un campo su cui il Milan non segnava 4 gol dal 2006, non è stata la partita di un singolo o dei singoli, ma del gruppo. Senza amnesie, senza vuoti ansiogeni, senza alti e bassi, ma intensi e collaborativi dal primo all'ultimo minuto. Un gruppo vero che ha dato tutto anche per il suo capitano, per Mike Maignan. A testa alta, sempre con Mike.
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