Passione intergenerazionale

Come si diventa milanisti e cosa vuol dire tifare Milan

Milan
Passione, memoria, Milan, famiglia ed eternità
Gaetano de Santis
Gaetano de Santis Redattore 

Oggi per me è una data importante. Esattamente quindici anni fa veniva a mancare mio nonno materno.

Ora potreste chiedervi: “E quindi, cosa dovremmo fare?” Nulla, semplicemente sentivo il bisogno di scrivere un articolo per rendere omaggio alla sua memoria e alla passione rossonera che ha trasmesso prima ai suoi figli e poi a noi nipoti.

Parliamo di un uomo nato nel 1931, a cavallo tra le due guerre mondiali, che ha vissuto tutte le ere geologiche del Milan: dal leggendario trio Gre-No-Li, passando per il Milan di Gianni Rivera, fino agli anni bui dell’era Farina e poi, finalmente, alla rinascita sotto la presidenza di Silvio Berlusconi.

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La sua passione per il Milan era nata in un’epoca in cui le partite si ascoltavano a malapena alla radio. Io, nato negli anni Ottanta, ho ereditato quell’amore viscerale per i colori rossoneri. Ancora oggi ricordo con struggente malinconia la mia vita da tifoso milanista negli anni Novanta e Duemila - non tanto per le vittorie, quanto per il contesto in cui venivano vissute: in famiglia, nel Milan Club della mia città, dove l’unico vero collante era l’amore per la maglia, e non per i singoli che la indossavano di stagione in stagione.

La passione per il Milan travalica il tempo, il dolore e perfino l’assenza.

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Il mio caro nonno se n’è andato quattro giorni prima della finale di Champions League vinta dall’Inter di Mourinho contro il Bayern Monaco. Ricordo distintamente come, nonostante le atroci sofferenze fisiche, nei giorni precedenti continuasse a chiedere notizie sul Milan e, con la poca voce che gli rimaneva, sperasse in un futuro migliore per la squadra.

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MILAN, ITALY - APRIL 02: Alexandre Pato of AC Milan celebrates scoring the first goal during the Serie A match between AC Milan and FC Internazionale Milano at Stadio Giuseppe Meazza on April 2, 2011 in Milan, Italy. (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Quel futuro, in effetti, arrivò con prepotenza dopo la sua scomparsa. Il 7 maggio dell’anno successivo festeggiammo il diciottesimo scudetto della nostra storia. Uno scudetto firmato Allegri in panchina e Ibrahimović in campo. La doppietta di Pato nel derby-scudetto di aprile. Per me, è sempre stato qualcosa di mistico. Come se, da lassù, il mio indimenticato nonno si fosse preso una rivincita per lo smacco del triplete nerazzurro dell’anno prima.

Mescolare il sacro con il profano forse non è ortodosso. Ma, in fondo, tifare così visceralmente per una squadra può essere considerato anch’esso un atto di fede. E quindi, sì: per me, quell’amore è sacro. E ogni volta che il Milan segna, sento che quel gol è anche per lui.