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La finale di Coppa Italia di questa sera, 14 maggio, persa dal Milan contro il Bologna, segna un'altra tappa amara in un percorso che da tempo pare aver smarrito la via della gloria. Con questa sconfitta, il bilancio degli ultimi 14 anni parla chiaro: un solo Scudetto (2021-22) e due Supercoppe Italiane (2016 e 2025). Un bottino troppo magro per una delle società più titolate al mondo, capace in passato di dominare in Italia e in Europa con la forza di un’identità ben definita e riconosciuta all'unanimità.
Dove si è inceppato il meccanismo? L’analisi sul Milan richiede uno sguardo ampio che non si ferma solo alla conquista di trofei. Dopo l’addio dell’era Berlusconi, il club ha attraversato una lunga fase di transizione societaria, tecnica e sportiva. Progetti discontinui, rivoluzioni a metà, allenatori cambiati in corsa e una rosa spesso inadeguata rispetto alle ambizioni. Le fondamenta su cui si era costruita la leggenda rossonera, con una dirigenza forte, scouting internazionale di livello e una mentalità vincente, sono andate sfaldandosi di anno in anno.
Il trionfo in campionato della stagione 2021/2022 è stato un lampo di speranza, ma l’illusione è durata poco. Le difficoltà nelle coppe, la mancanza di veri leader e i problemi per competere sul mercato con le big europee hanno mostrato tutti i limiti di un progetto che sembra mancare ancora di un salto di qualità decisivo. Il Milan, adesso, ha bisogno di una guida societaria forte, capace di dare continuità tecnica e visione sportiva senza ripartire da zero ogni due stagioni.
L'ambiente ha bisogno di tornare a pensare in grande, e per farlo serve una proiezione chiara. Investimenti mirati, uomini di calcio a cui sta a cuore il progetto rossonero, ma soprattutto una dirigenza capace di lavorare sotto pressione con ambizione e competenza. Non basta partecipare alla Champions League, bisogna tornare a far paura. Non basta coltivare giovani, serve audacia e personalità nel lanciarli.
I rossoneri degli ultimi anni hanno spesso dato l'impressione di vivere di ricordi, prigionieri della propria storia ma incapaci di costruire un presente all’altezza. Il DNA Milan non è scomparso, è solo fiacco. Va risvegliato con scelte coraggiose, con un progetto sportivo ambizioso e con una fame di trofei che non può essere più ignorata. Il tempo della pazienza è finito. Il Milan, quello vero, deve tornare grande e conquistare trofei. E deve farlo adesso.
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