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Per l'altra sponda del naviglio era noto come "El segna sempre lu", soprannome che sa molto di sicumera bauscia; ma, dopotutto, Maurizio Ganz di gol ne fa anche nel Milan, con cui gioca 52 partite, andando a segno 11 volte tra il dicembre 1997 e il gennaio 2000.
Classe 1968, Ganz nasce in quel di Tolmezzo, Friuli, un piccolo paese a pochi chilometri dal delicatissimo limes con la Jugoslavia, oggi il confine è con la Slovenia, e a dieci dall'Austria. Lembo remoto d'Italia, lo sport più praticato a queste latitudini è lo sci. Anche Ganz, come tutti, vi si cimenta, ma con scarsi risultati sia nel fondo che nella combinata nordica. La disciplina non l'entusiasma e, abbandonate le racchette e messi ai piedi gli scarpini, si dà al calcio.
L'esordio in Serie A avviene a diciassette anni il 14 settembre 1986, Sampdoria-Atalanta, 1-0, autogol per gli ospiti di Cesare Prandelli. Ganz entra al posto di Gianluca Vialli a venti minuti dalla fine. Si fa notare a suon di reti dall'Inter che quasi trascina alla vittoria della Coppa UEFA del 1997, poi persa in finale contro lo Shalke 04. Ganz si leva, tuttavia, una bella soddisfazione: essere il capocannoniere della manifestazione con 8 centri.
Con il tempo il 23, numero "vinto a un'asta benefica interna con i compagni di squadra", si ritaglia i suoi spazi. Ganz è "rapinatore d'area", un sicario che spara col silenziatore e mai a salve. A trentun anni, d'un tratto, il Milan bussa alla sua porta. Dopo tanti gol nerazzurri ecco materializzarsi, per la modica cifra di 15 miliardi, il passaggio da una parte all'altra del Naviglio.
Venti giorni dopo il trasferimento in rossonero, quella che per Gianni Brera era Eupalla decide che per Ganz è già ora dell'ordalia: Milan e Inter si ritrovano l'una di fronte all'altra per i quarti di Coppa Italia in programma l'8 gennaio 1998. Ganz è già chiamato a fare i conti con il proprio oscuro passato.
Il Milan fa sua la posta con un secco 5-0. Per ritrovare un punteggio migliore si deve andare indietro di ottant'anni, correva l'anno 1918, e il tabellone recitava 8-1. La seconda rete della cinquina è a firma Maurizio Ganz, già in gol quattro giorni prima a Napoli. Il nuovo numero 36 rossonero esulta sotto la Sud. Il passato nerazzurro è già dimenticato, cancellato come una dichiarazione d'amore scritta sul bagnasciuga e che la risacca del mare si porta via. Non riportiamo qui la trascrizione degli improperi dei suoi ex sostenitori.
Il 1998/99 è la sua annata. Il Milan di Zaccheroni, a 7 giornate dalla fine, ha un ritardo di altrettanti punti dalla Lazio. Recuperare gli uomini di Eriksson sembrerebbe un'impresa impossibile anche per Ethan Hunt, che di lì a qualche mese sarebbe ritornato sul grande schermo. Invece, non è così perché la formazione di Zac fa bottino pieno raccogliendo il 100 percento dei punti a disposizione, mentre la Lazio ne guadagna soltanto tredici.
Una cavalcata fantastica che raggiunge il climax di emozioni il 2 maggio 1999, Milan-Sampdoria: i rossoneri vincono 3-2 al quarto minuto di recupero con un'autorete di Castellini, sul mezza rovesciata di Ganz, che spiazza Ferron. Una partita al cardiopalma, condotta in porto con grande fatica, nonostante il Diavolo passi due volte in vantaggio e mantenga per buona parte dell'incontro un uomo in più. Una rincorsa, quella verso il sedicesimo scudetto, partita con la vittoria per 2-1 sul Parma, inizialmente avanti di un gol.
Per il numero 36 è il giusto premio. Relegato in panchina dalla presenza di Ševa, Weah e Boban, Ganz lascia il Milan (in prima battuta solo andando in prestito) per accasarsi a Venezia, poi in altre città e con altri contratti, l'ultimo dei quali firmato con la gloriosa Pro Vercelli.
Con la Nazionale il rapporto non è dei migliori. Nel 1993 Maurizio Ganz è in Estonia per giocare le qualificazioni per il mondiale di USA '94, ma torna di corsa in Italia per vedere nascere il figlio Simone Andrea. Sacchi, allenatore degli azzurri, non avrebbe gradito il rientro. L'episodio gli farà dunque perdere il treno per la selezione italiana che si guadagnerà il secondo posto l'estate successiva.
Ma meno di diciotto anni dopo, il tempo è galantuomo: Simone Andrea diventa uomo e calciatore, come lui, proprio nel Milan, facendo la trafila nel settore giovanile sino all'esordio del 1° novembre del 2011. All'ottantatreesimo minuto, Allegri lo getta nella mischia al posto di Robinho nella gelida trasferta bielorussa di Minsk contro il Bate Borisov (1- 1, reti di Ibra e Bresson). Un debutto che lo fa entrare nella storia come quarto calciatore più giovane del Milan in Coppa dei Campioni, dopo Camarda, Abate e Cappellini. Padre tempo opera in silenzio.
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