Passione milanista

Un grande insegnamento: che cos’è davvero il Milan

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Un giorno un uomo che oggi non c'è più mi ha spiegato cos'è davvero il Milan: passione incondizionata della quale andare sempre fieri
mbambara
mbambara Vice direttore 

Le parole di ieri di Mister Sergio Conceicao, che ha chiamato a raccolta tutto il popolo rossonero, mi hanno fatto tornare alla mente un aneddoto della mia vita che ci tengo a rendere pubblico perché mi ha insegnato cos'è davvero il Milan.

Sono nato alla fine del 1981 e quindi tutti i miei ricordi rossoneri iniziano con il periodo berlusconiano. Non ho vissuto quindi il periodo della Serie B.

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Posso dire però che, fra nel periodo fra il 1996 ed il 2002 non furono anni facili. Ci sono state giornate di follia, a cavallo fra l'aprile ed il maggio del 1999, che regalarono al Milan uno degli scudetti più meravigliosi della storia del club. Ma ci furono anche tante delusioni, tanti onesti mestieranti trovatisi quasi per caso ad indossare la nostra maglia perché nel calcio tutti sbagliano le valutazioni e la più grande dirigenza della storia rossonera non poteva certo essere esclusa da questa regola aurea.

Quel Milan Juventus del 1997

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Era una domenica sera del mese di aprile del 1997 e ricordo che feci fatica a prendere sonno. Sei gol subiti dalla Juve erano tanti, troppi. Tutti parlavano di Milan umiliato e di strapotere bianconero. La mattina dopo, molto presto, passai da Vanni, un vecchio ciabattino che aveva una bottega artigiana. Aveva il negozio vicino al Liceo Classico ed era talmente milanista che, nel 1989, fece spostare di un mese il matrimonio del figlio perché lui a Barcellona ci doveva essere. Mi guardò e mi disse: "cos'è quella faccia da funerale?". Risposi che c'era ben poco da stare allegri ed aggiunsi che, la sera prima, dopo il gol del 5-0 di Amoruso, ero stato tentato dal chiudere la televisione e non guardare più nulla.

Cos'è davvero il Milan

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Mi fissò negli occhi allargando le braccia e rispose: "Avresti fatto un grosso errore. Vedi, le delusioni, nel calcio, vanno vissute fino in fondo. Quando il nostro Milan tornerà a vincere, ti ripasseranno nelle mente tutte le più grandi delusioni e penserai a quanto è stato bello viverle. Non esiste successo senza sofferenza. O meglio, esiste, ma riguarda solo i tifosi della Juventus. Loro non tifano una maglia. Tifano le vittorie perché per loro è l’unica cosa che conta. Non essere mai come loro. Vai sempre fiero del Milan, soprattutto quando tutto va male, perché il Milan è passione incondizionata".

Non ho mai dimenticato quelle parole che mi hanno insegnato cos'è davvero il Milan. Sono state la prima cosa che mi è tornata in mente mezz'ora dopo il rigore di Shevchenko a Manchester nel maggio del 2003. Non subito, mezz'ora dopo. Prima era impossibile essere connessi con la realtà. Vanni se n'è andato a dicembre del 2002. In silenzio, quasi improvvisamente, come nel suo stile.

L'ultima volta che lo vidi, per dargli gli auguri di un Natale che non avrebbe festeggiato, sapeva già che stava per morire. Glielo leggevi negli occhi e in quella tosse sempre più secca che gli consumava le corde vocali. Era un grande cuore rossonero.

Quell'insegnamento, il giorno dopo Milan Juve 1-6, m'è rimasto dentro. Ho capito cos'è davvero il Milan. Credo che abbia permeato il mio modo di tifare e di essere rossonero. E così, quella sconfitta, quelle "sei pere", io continuo a tenermele strette.

Perché fanno parte della storia del Milan, della mia storia di ragazzino che si apprestava a diventare uomo. Quasi trent’anni dopo nella mia vita sono cambiate tantissime cose. Ma il Milan è sempre rimasto lì. In quell'angolino irrazionale della mente ed in quella parte inconsapevole dell'anima.

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