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Una sonora smentita

“Apocalypse Now” Milan e le pale che fecero girare i tacchi alle prefiche

Samuele Virtuani
Samuele Virtuani Redattore 
Una ricorrenza storica per la patria rossonera: il presidente Berlusconi dà spettacolo all'Arena Civica in un piovoso giorno di luglio 1986
01:20 min

"Siamo abituati ad arrivare primi e non abbiamo intenzione di cambiare abitudini proprio adesso".

Il 18 luglio 1986 all'Arena Civica di Milano Silvio Berlusconi pianta ufficialmente la bandierina con impresso il suo volto nel cuore di tutto il tifo rossonero. Una presentazione della squadra e di tutti gli uomini del presidente in pompa magna, simile a quella che gli Oasis (bentornati ragazzi!) avrebbero scelto nell'agosto di dieci anni dopo per aprire la loro due giorni a Knewborth e poi replicato nel videoclip del singolo "D'You Know What I Mean?" tratto dal terzo album di inediti "Be Here Now".

Elicotteri sull'Arena Civica

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Dai cieli di Milano ecco, dunque, posarsi nel cuore del parco Sempione tre elicotteri accompagnati dalla wagneriana "Cavalcata delle Valchirie", un brano che, letto a posteriori, già mostra l'ardore di sua emittenza nel lanciarsi verso gli orizzonti di gloria del calcio nazionale, europeo e mondiale. Contrariamente ad "Apocalypse Now", da quel momento in avanti il Milan trova pace, stabilità, programmazione e un ritrovato entusiasmo sia ai piani alti di via Turati, i marosi della gestione Farina saranno presto un lontano ricordo, che nella tifoseria.

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Gli abbonamenti, infatti, volano proprio come gli elicotteri tanto cari al presidente, saranno 55 mila le sottoscrizioni solo in estate, e i Commandos Tigre espongono un'immensa bandiera recante la scritta: "Grazie Silvio". Cesare Cadeo attorniato da uno stuolo di ragazze in ghingheri prende a snocciolare i nomi che andranno a comporre la rosa per la stagione successiva. Il primo ad aprire il portellone dell'elicottero e abbandonarsi al bagno di folla è Giovanni Galli, reduce dal Mondiale messicano e da nove anni a difesa della porta della Fiorentina. Quando tocca a Donadoni, gli applausi dei milanisti assiepati sui gradoni dell'Arena meneghina quasi coprono la voce trasmessa dagli altoparlanti e per quel bambino di Cisano cresciuto a pane e Rivera non può che essere un sogno che si avvera.

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Sfileranno poi altri volti nuovi della rosa milanista: Dario Bonetti prelevato dalla Roma, Beppe Galderisi dal Verona e, ultimo ma non meno importante, Daniele Massaro dalla Fiorentina. Alla fine, il pubblico fa la conoscenza dello staff tecnico: Liedholm, Tessari e Capello. La pioggia, tuttavia, blocca lo show delle ragazze sui tacchi a spillo targato Canale 5.

Gli elicotteri, allora, riprendono quota in direzione Arcore, residenza del presidente Berlusconi e da lì in poi, alla pari con Milanello e via Turati, terzo vertice del triangolo che andrà a comporre il quartier generale rossonero per un trentennio.

La cassandra Tacconi

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All'entusiasmo ritrovato del popolo milanista fanno da contraltare ironie, motti di spirito e chiacchiericcio assortito del resto del polveroso mondo calcistico che, estremamente conservatore, non può che guardare bieco alle idee e ai sogni del nuovo numero uno rossonero. A vincere la palma come miglior comico è il fin troppo guascone Stefano Tacconi, fresco bicampione d'Italia con la Vecchia Signora. Un titolo insperato e vinto grazie all'harakiri della Roma di Eriksson all'Olimpico contro il già condannato Lecce.

Dopo il pittoresco sbarco con gli elicotteri, Tacconi si sbottona un po' troppo:

"Elicotteri? Gli serviranno per scappare alla prima sconfitta".

Ipse dixit. Facciamo un salto temporale. Il 10 gennaio 1988, Ruud Gullit fulmina il portiere bianconero con uno stacco imperioso dopo un cross dalla bandierina. Il Milan batte la Juventus dopo anni di digiuno. A fine campionato, lo scudetto fa le valige dal teatro San Carlo nella Napoli del Pibe de Oro per accomodarsi nella platea della Scala.

Altro salto nel tempo. Dodici mesi dopo, a San Siro, la Juventus è spazzata via per 4-0, nella domenica in cui il pubblico del Meazza va in brodo di giuggiole per Graziano "Lupetto" Mannari, canterano milanista e quel giorno vero e proprio babau per l'estremo difensore bianconero. Tacconi incassa reti e mette in fila sconfitte contro il Milan anche nella stagione 1989/90, terminata col bis in Coppa dei Campioni da parte dei rossoneri. Nella gara d'andata, un turbinio di emozioni, un calcio piazzato di Donadoni, che Berlusconi aveva strappato proprio alla Juventus, e una zampata di Van Basten in area di rigore capovolgono il risultato finale. Il 3-2 conclusivo rilancia le ambizioni del Diavolo dopo un periodo di flessione in campo nazionale.

Nell'annata 1990/91, la mediocre Juve di Gigi Maifredi viene surclassata nettamente a Milano. Un tiro della domenica di Ancelotti e un diagonale chirurgico di Gullit chiudono presto la contesa. Nel ritorno al Delle Alpi le reti di scarto saranno addirittura tre. Tra il crepuscolo degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, Stefano Tacconi avrebbe alzato al cielo solo una Coppa Italia e una Coppa UEFA, prima di venire messo nel cestone dei saldi per fare spazio al nuovo che avanza: il rampante Angelo Peruzzi. Dei successi del Milan, dopo un fisiologico anno di assestamento con Liedholm prima e Capello poi a tenere la barra dritta, non c'è bisogno di fare l'elenco.

Caro Tacconi, meno male che al Milan We Don't Look Back in Anger...