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Il tema del giorno è rappresentato senza dubbio dalle parole pesanti pronunciate da Paulo Fonseca nella serata di ieri davanti alle telecamere di Sky Sport.
L’allenatore del Milan ha detto chiaramente che quando la squadra scende in campo è come tirare la monetina.
Ha spiegato, inoltre, che lui lavora tutto il giorno per il bene della squadra, ma che non tutti possono dire la stessa cosa.
Il tono del discorso era talmente pesante che Paolo Condò, decano dei giornalisti italiani, ha addirittura pensato che Fonseca potesse arrivare alle dimissioni.
Personalmente ho il massimo del rispetto per l’uomo Paulo Fonseca e per il professionista serio e meticoloso che ha sempre dimostrato di essere nel corso della sua carriera.
Mi pongo tuttavia una domanda che, a questo punto, diventa assolutamente lecita visto quanto è accaduto.
E se il problema fosse lui?
Magari, questo presunto scarso impegno della squadra, nasce da una mancanza di credibilità dell’allenatore agli occhi del gruppo. O da una empatia mai nata fra loro.
Non sarebbe la prima né l’ultima volta che accade nel calcio. A volte fra un tecnico ed un gruppo non scocca la scintilla giusta, senza particolari colpe di nessuno.
Il tema esiste, ma la domanda è giusto porsela perché la questione va affrontata a 360 gradi.
Stefano Pioli, nel 2019, dopo una sconfitta a Roma, disse che a quel gruppo sembrava non cambiare nulla in caso di vittoria o di sconfitta.
Il parallelo però non ha senso. Pioli, nel 2019, guidava una banda di ragazzotti che si stava formando e che non aveva leader al suo interno.
Questa squadra è composta da giocatori che, negli ultimi anni, hanno contribuito alla vittoria di un campionato e a due secondi posti, nonché dal capitano della nazionale campione di Spagna.
Non a caso, proprio Fonseca ad agosto, aveva dichiarato di voler lottare per lo scudetto con quest’organico. Qualcosa, quindi, non torna.
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